Alla fine degli anni ’60, San Francisco è il cuore pulsante della scena musicale statunitense: qui, tra visioni psichedeliche e deliri in acido, prende forma la nouvelle vague del rock a stelle e strisce, capitanata da gruppi come Grateful Dead e Jefferson Airplane, che ben incarnano i fermenti culturali e artistici della città. Frisco, però, è anche il luogo che dà i natali artistici ai Creedence Clearwater Revival, band formatasi a El Cerrito, piccolo borgo ai confini orientali della città, capitanata dal chitarrista e cantante John Fogerty. Il quale, a dispetto delle sperimentazioni lisergiche tanto in voga nella bay area, ha in mente un solo concetto: il Revival. Fogerty ama senza mezzi termini gli anni ’50, il rock’n’roll primitivo di Chuck Berry, Little Richard e Eddie Cochran, il blues e il folk nelle loro accezioni più pure, e guarda come riferimento stilistico Dale Hawkins, trentenne musicista della Lousiana, che rilegge il rock e il blues delle radici con accento sudista, creando un sottogenere che prenderà il nome di Swamp Rock.
In piena rivoluzione power flower, Fogerty attua una sorta di controriforma tradizionalista, rimette al centro del suo progetto il roots rock e la musica nera, scrive canzoni essenziali, utilizza le cover per riaffermare il vincolo col passato. Revival, per i Creedence, significava anche fare le cose semplicemente, ed essere bravi con le cose semplici, di solito, si rivela, artisticamente, la cosa più complessa.
Per tutti questi motivi, la band capitanata da John Fogerty, a fronte di un pubblico caldissimo e appassionato per la loro proposta rock’n’roll vibrante e lineare, facevano storcere il naso a parte della critica, innamorata delle istanze “progressive” che facevano della San Francisco psichedelica l’ombelico musicale del mondo. Il tempo, ovviamente, ha rimesso a posto le cose, e nessuno oggi può rinnegare il tributo seminale dei CCR alla storia della musica americana moderna.
Prova ne è l’entusiasmo che ha accolto l’uscita di questo live alla Royal Albert Hall di Londra, risalente al 14 aprile del 1970. Una registrazione su cui si è vociferato per decenni e che sembrava essere una sorta di chimera creata dall’affetto e dal passaparola dei fan. I nastri di quella serata, diventati leggenda nel corso dei cinquantadue anni di distanza dalla loro registrazione, oggi, diventano realtà, e grazie a uno straordinario lavoro di pulizia e rimasterizzazione, riportano alla luce una performance straordinaria, di quelle che fanno esclamare, senza tema di errore, che i Creedence Clearwater Revival, oggi come allora, sono la più grande rock‘n’roll band mai esistita.
Lo spettacolo fu registrato dalla BBC durante il primo tour europeo del gruppo (che due anni dopo si sarebbe sciolto), ma, come detto, non furono mai resi pubblici, presumibilmente a causa delle note battaglie legali tra il gruppo e la sua etichetta originale, la Fantasy Records, anche se, poi, le riprese del concerto sono apparse in vari momenti nel corso dei decenni. Vale anche la pena ricordare, per fare postuma chiarezza, che la Fantasy aveva pubblicato un album dal vivo molto simile intitolato The Royal Albert Hall Concert prima di rendersi conto che i nastri erano stati etichettati erroneamente e che l'album era stato registrato dieci settimane prima e a 5.000 miglia presso l’Oakland Coliseum (l'album è stato poi ribattezzato The Concert).
Lo spettacolo della Royal Albert Hall cattura la band all'apice assoluto della propria breve carriera, che li ha visti piazzare sette singoli nella Top 5 e cinque album nella Top 10 (due dei quali n.1) in poco più di due anni, per poi svanire con la stessa rapidità con cui si erano fatti amare dal proprio pubblico.
Un sound, quello dei Creedence che si basava sulla forza espressiva delle loro canzoni, sulla potente voce da nero e sulla vibrante chitarra solista del frontman John Fogerty, il cui controllo dittatoriale della band fu il motore trainante del successo e anche il motivo del loro rapido eclissarsi. Intorno al leader, però, suona una band straordinariamente consapevole dei propri mezzi, che fa del ritmo uno straordinario punto di forza, capace di generare groove primordiali sui brani più lenti e scatenare un’energia bruciante sulle canzoni più vigorose.
Detto questo, il concerto alla Royal Albert Hall può definirsi, guardando indietro nel tempo con l’obbiettività della distanza, tanto l’apice della loro gloria, quanto l’inizio della fine, visto che Tom Fogerty mollò l’anno successivo e la band chiuse i battenti nel 1972. Quella notte, però, fu autentica magia, e oggi possiamo riappropriarci di queste dodici canzoni, nelle quali si racchiude l’essenza stessa del rock’n’roll. Un brivido scorre lungo la schiena, ascoltando il ruggito di grandi classici come "Born on the Bayou", "Green River", "Fortunate Son", "Travelin' Band" e, naturalmente, "Proud Mary", la feroce rilettura di una fragorosa "Good Golly Miss Molly" e il sabba elettrico, che chiude lo show, di una sferragliante "Keep On Chooglin’".
Ed è così inevitabile, se siete fan, provare alla gola una stretta di nostalgia, a pensare che se fosse possibile viaggiare a ritroso nel tempo, avremmo tutti fatto carte false per essere presenti nella cattedrale della musica londinese ad ascoltare il cuore del rock’n’roll battere all’impazzata.
Documento imprescindibile.