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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
10/04/2022
Live Report
Apice, Arci Bellezza, 7 aprile 2022
Se le logiche che governano la musica in Italia fossero diverse, Manuel Apice sarebbe annoverato tra i Top Player.

Penna finissima ed espressività vocale fuori dal comune, è cresciuto coi grandi cantautori della tradizione ma ha saputo infondere alla sua proposta un piacevolissimo gusto Pop, quel tanto che basta per renderla fresca, nonostante una fisiologica obsolescenza dei riferimenti.

Attimi di sole, il suo secondo disco, che raccoglie i quattro singoli usciti a partire dall’estate del 2020 e cinque brani inediti, rappresenta un’ulteriore certificazione di qualità da parte di un progetto che non ha ormai nulla da invidiare ai nomi più blasonati.

Il tour per supportarlo è appena partito e ci rendiamo conto che non sono stati due anni facili: Beltempo, l’album d’esordio, è uscito proprio a ridosso della pandemia, con tutte le conseguenze del caso, per cui suonare è divenuto sempre più difficile. Adesso che sembra possano esserci dei mesi di tregua, è bello ritrovarsi tutti insieme per poterli godere davvero, questi “attimi di sole”, e per potere dare spazio al racconto dei sentimenti, anche di quelli apparentemente più leggeri, senza per forza doversi sentirsi in colpa per il fatto di trascurare cose più importanti. Lo ha ricordato l’altra sera all’Arci Bellezza, davanti ad una nutrita platea di fan e amici, poco prima dell’esecuzione di “Mia”, uno di quei brani pazzeschi che possono permettersi di guardare negli occhi i grandi maestri del genere, che tornare a cantare insieme una canzone d’amore è una dimensione di cui è più che legittimo potersi appropriare. Le parole non erano esattamente queste ma il succo sì, insomma.

Ci sono alcune novità, in questo tour: quest’estate aveva girato assieme all’amico e collaboratore di sempre Fabio Mano, proponendo una rilettura acustica del suo repertorio. Per “Attimi di sole” c’è invece un assetto full band che, oltre a Fabio (chitarra e seconde voci) prevede anche Pietro Vitaloni (batteria), Angelo Sabia (basso) e Alessandro Martini (chitarra); vale a dire, tre quarti della band di svegliaginevra che, mentre scriviamo, ha un disco in uscita e si sta anch’essa preparando a suonarlo in lungo e in largo per la Penisola.

Ma questo, dopotutto, è il modo di fare le cose de La Clinica Dischi: una famiglia, più che una semplice etichetta discografica. Lo si vede anche dal fatto che a Milano, in apertura, c’è Francesca Moretti, una delle ultime entrate nel roster. Viene dalla Basilicata e il suo Buio dentro, Ep di cinque pezzi, è uscito giusto un mese prima. Lo suona imbracciando la chitarra acustica e ci mette ben poco a convincere i presenti: la voce c’è, le canzoni pure. Così scarne, ridotte al loro nucleo essenziale, lo si avverte ancora di più, c’è un’urgenza espressiva ma allo stesso tempo una forza melodica che non passa inosservata e che le rende, almeno potenzialmente, delle sicure hit. Vedremo come andrà ma di sicuro l’etichetta spezzina si conferma più che mai attenta alla qualità delle sue uscite.

Manuel entra in scena assieme a Fabio, il primo al piano elettrico il secondo alla chitarra, ed è una intensa versione di “Poesia cruda” ad aprire la serata. Tocco delicato sui tasti, intensità vocale, contrappunti chitarristici sempre al posto giusto, la canzone è una perla e l’esecuzione la rende ancora più preziosa. Strano che non sia entrata nella scaletta del disco, lo avrebbe sicuramente meritato (stessa cosa per “Poetico”, l’altro brano della  breve live session alla Jungla Factory realizzata quest’autunno, che ne concerto di stasera purtroppo non ha trovato spazio).

L’entrata della band porta lo show al livello successivo, un livello decisamente elettrico: “Geronimo”, “Radici” e “Ortiche” vengono suonate con energia e trasporto, la batteria che trascina e la voce di Manuel che graffia, aggiustando ogni tanto le linee vocali per dialogare meglio con le chitarre. In generale sono versioni diverse da quelle del disco, molto più Rock che Pop, in una rassomiglianza con quello che De Gregori ha fatto a più riprese nei suoi live set, soprattutto a cavallo tra i Novanta e i Duemila.

A metà c’è un break acustico, Manuel e Fabio ancora soli sul palco: insieme eseguono “Il futuro che sgomma” e poi colgono l’occasione per far salire un paio di ospiti sul palco, così che il concerto diventa anche una bella festa in famiglia. Si comincia con svegliaginevra, che ovviamente esegue “Barche”, un brano scritto con Apice che era poi finito nel suo “Le tasche bucate di felicità”; e poi cmqmartina, per una “Crepe” densa di carica drammatica. Era il 2019, Martina era appena entrata nel roster dell’etichetta e i suoi successi erano ancora di là da venire. Interessante dunque vederla cimentarsi con un pezzo che, almeno nell’arrangiamento, risulta lontano dalle cose che propone ora.

C’è purtroppo poco spazio per gli episodi di “Buontempo” ma colpisce la rivisitazione di “Lucciole”, altro pezzo da novanta che acquista nuovo fascino dal trattamento della band.

Il finale è dedicato ai bilanci, al giudizio su una fase del cammino: è così con una “Precipitare” catastrofica ma allo stesso tempo liberatoria, con la luminosa ballata “Traslocare” e col manifesto poetico di “Fulmini di guerra”, che così come era perfetta in apertura di disco, risulta l’ideale per i titoli di coda dello show.

C’è ovviamente un bis in programma, con tanto di divertente scenetta dell’uscire e rientrare. Emblematicamente, è “Ciao” a mandare davvero tutto a casa. Era una traccia trascinante in studio, lo è ancora di più adesso, è uno di quei brani che dovrebbero essere sempre suonati da una band al completo.

Gran concerto, questo di Apice, che lo conferma ancora una volta come uno dei migliori artisti italiani della nuova leva. L’auspicio è che, coi prossimi concerti, sempre più gente se ne possa accorgere.