C’era una volta l’indie rock.
Anzi no, non ce n’era mica uno solo. L’indie rock era un sottobosco immenso e variopinto che aveva trovato terreno fertile nella noia dei lunghi pomeriggi passati davanti la tv, nell'irrequietezza post-adolescenziale, ma soprattutto nella solitudine che, in modo differente, accomunava un po’ tutti. Da quella vissuta nei college affollati dove nessuno si ricordava il tuo nome, a quella della periferia frenetica imbottigliata nella routine casa-lavoro fino a quella della provincia, dove l’urbanistica ordinata degli alveari cittadini lasciava il passo agli spazi aperti e un silenzio desolante. Gli anni sono volati, i Sonic Youth si sono sciolti e nessuno cita più i Guided By Voices o gli Eric’s Trip, eppure quella solitudine è rimasta nell'aria, come una sensazione in grado di evaporare per poi ricondensarsi altrove. Così Ettore Pistolesi, qui in veste di Wellworn Banana, raccoglie questa solitudine ingombrante, la riempie di chitarre e la fa sua, nel modo più diretto ed autentico possibile.
Dopo aver militato in vari gruppi della scena ciociara (Flying Vaginas, Shout, Poptones ed Esercizi base per le cinque dita), alternandosi in vari ruoli e girando tutta Italia, pubblica finalmente il suo esordio solista "Anytime", in uscita il 2 aprile 2020 per MiaCameretta Records e Lady Sometimes Records.
Un debutto che non lascia dubbi perché è indie rock allo stato puro. Non quello hype e patinato delle playlist di Spotify, ma il suono ruvido e distorto tipico della terra di mezzo. Di quella provincia italiana sospesa tra le campagne e le fabbriche, così come quest’album è in bilico fra trame delicate ed attitudine grezza. D’altronde, che Ettore fosse un vero outsider dell’alternative rock di Frosinone era già noto: "Vogliono essere gli Yo La Tengo in un paese che gli Yo La Tengo non li ha mai capiti del tutto", così scriveva GQ a proposito del suo ultimo lavoro con i Flying Vaginas. E a ragione, perché il punto forte di "Anytime" è proprio riuscire a far emergere il mix inconfondibile di voce e chitarre in pieno stile shoegaze, un’identità forte e riconoscibile perché incredibilmente decontestualizzata dalla scena indiestream attuale. Nove tracce che scivolano via veloci ed in cui Wellworn Banana snocciola tutta la sua ammirazione per il calcio (“se i Mogwai lo hanno fatto per Zidane, io lo faccio per Rui Costa”), il suo amore per le ballate noise-folk à la Phil Elverum (P.), per le cavalcate fuzzy (Song One, Grandmother, Blast Off), la malinconia sussurrata (Slow Time) che contrasta il noise pop spensierato (Instrumental Song) e gli episodi finali più oscuri ed agrodolci.
Un’atmosfera senza tempo, ben rappresentata dalla copertina ad opera di Irene Scarchilli. "Una mediazione", racconta Ettore, "che ho trovato tra l’estetica ed i colori del primo album di John Frusciante ‘Niandra’, la posa e la fermezza delle copertine dei Grandaddy, e poi infine volevo che la figura risultasse un po’ Giappone ‘600. Non so se ci sono riuscito, ma il rimando samurai direi che ci azzecca."
Registrato con vecchi e nuovi amici: Strueia (Shout), Andrea Sperduti (Blonder), Simone Alteri (Shout, Esercizi base per le cinque dita), Filippo Strang (Flying Vaginas) e Giuseppe Mazzoni (Human Colonies), "Anytime" si incastona alla perfezione dentro la grande famiglia del nuovo noise pop italiano (Bee Bee Sea, Cosmetic, Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, Big Cream).