Se dieci anni fa Niccolò Contessa cantava di “Hypsteria” ne “Il sorprendente album d’esordio de I Cani”, oggi Angelo Sabia intitola “Antihype Superstar” la sua prima opera discografica e possiamo forse parlare di chiusura di un cerchio.
Certo, i due concetti non sono esattamente sovrapponibili ma al di là dell’assonanza fonetica, a livello semantico non siamo poi così lontani. Il punto è che si è passati dalla denuncia ironica ed anche un po’ paternalistica di un certo desiderio di apparire, di essere fuori dagli schemi, di distinguersi dalla massa informe, alla consapevolezza che qualunque comportamento si adotti per voler essere speciale, si risolverà nella scoperta della nostra inconsistenza.
In fondo l’Antihype è questo, no? In un mondo in cui per poter essere hype bisogna mettersi in fila, distinguersi davvero potrebbe concretizzarsi nell’abbandono di ogni ambizione, nel non aver paura di mostrarsi per quello che si è, anche se quel ritratto che ne venisse fuori fosse pieno di debolezze. Lo scriveva e lo illustrava molto meglio David McCullough Jr. in un libro che ebbe un certo riscontro negli Stati Uniti (forse da noi un po’ meno) e che s’intitolava appunto “Ragazzi, non siete speciali”.
Per carità, Sabia non si è ancora liberato del tutto da un certo vestito di protesta e c’è comunque tanto di costruito nella sua proposta musicale. Ciononostante, si intravede una certa differenza rispetto ad altre uscite della stessa galassia: va bene il sorriso sulle labbra, va bene il tono spassionato di certi episodi, ma al fondo non è difficile scorgere la prosaica rassegnazione di chi ha capito che è tutto finto, che dietro la facciata scintillante c’è un muro decrepito che è sempre più difficile tenere su.
Dura 28 minuti e 8 secondi, “Antihype Superstar” (ci tengono a segnalarlo con precisione già dal comunicato stampa) e in questo lasso di tempo decostruisce il presente con rara lucidità. A partire da “Le vite degli altri”, che mette i Synth al servizio di una melodia agrodolce per sottolineare come il nostro spiare sui social network sia il riflesso di una consistenza che fatichiamo a trovare, fino al divertente manifesto di “Socialite”, che sembra scritta per raccontare i giorni del lockdown ma che, appunto, letta col senno di poi rivela una consapevolezza ancora più amara: i mesi di marzo e aprile hanno semplicemente esplicitato e ufficializzato quello che eravamo già diventati. In mezzo, le dichiarazioni d’amore e i desideri di fuga di “Occhi d’oceano”, la maldicenza di “Cattivi pensieri”, la desolata mappa umana della propria regione in “Lezioni di geografia” ed altri stimolanti bagni di realtà, una realtà che potrà anche non piacere ma che in fin dei conti è l’unica che abbiamo e che funzionerebbe senza dubbio meglio senza tutti i tentativi di abbellirla che puntualmente inanelliamo.
Il tutto raccontato con un linguaggio semplice e perfettamente codificato come quello della Italo Disco (nella bio si fanno i nomi di Giorgio Moroder e Alan Sorrenti) che non perde tuttavia mai di vista la forma canzone, regalando un lotto di canzoni che sanno sempre toccare le corde giuste, nonostante l’eterogeneità delle atmosfere.
Se infatti la produzione del sempre efficace Leonardo Lombardi valorizza l’aspetto da dance floor dell’album, non tutti gli episodi sono costruiti attorno alla cassa dritta, anzi. In realtà è strano perché tutta la prima parte appare incentrata sulle ballate, su episodi più malinconici, riflessivi e per niente immediati (in particolare “Le vite degli altri” e “Cattivi pensieri” rivelano il loro potenziale da classifica solo dopo ripetuti ascolti) che però, se pensiamo al concept di fondo, riescono a dare perfettamente forma alle intenzioni iniziali: cosa c’è di meglio, per essere “anti hype”, di utilizzare il linguaggio della Disco senza per questo voler far ballare?
Dal quinto brano in avanti, tuttavia, si cambia registro. Giusto il tempo di fare i conti con il lato “Electro Crooner” del nostro, ed ecco che “Ascolta e ripeti in silenzio”, coi suoi echi Funk RnB, ci scaraventa di botto nella parte Up Tempo del lavoro. E qui, lasciatemelo dire, viene fuori davvero il grande talento di Angelo nello scrivere canzoni: le successive “Effetto Domino”, “Socialite” e “Antihype Superstar” sono davvero irresistibili, melodie killer e ritmi da perderci la testa, perfetti come tormentoni estivi se non fosse che l’estate è finita e che questi, oltre a far ballare, inducono a riflessioni che forse non tutti sarebbero disposti ad accettare di buon grado.
Comunque sia, La Clinica Dischi ha nuovamente fatto centro. In attesa dell’esordio di Svegliaginevra e di vedere se la partecipazione ad X Factor di cmqmartina darà i frutti che questa artista senza dubbio si merita, aggiungiamo Sabia alla lista, già piuttosto lunga, delle meraviglie della piccola etichetta ligure. In attesa di vedere anche lui sui palchi, circostanze permettendo.