Non si può certo dire che gli anni funesti del lockdown abbiano tarpato le ali all’estro di Paul Weller. Due album, On Sunset e Fat Pop (Volume One), hanno mantenuto acceso il suo fuoco creativo e la sua idea di musica, che continua a svilupparsi, nonostante tutte le difficoltà, alla ricerca di nuove idee e forme espressive.
An Orchestrated Songbook è un ulteriore tassello di un percorso artistico che ha palesato ben poche sbavature, e che, nel frangente, ha visto il songwriter scappare dallo studio di registrazione per suonare uno spettacolo unico, e decisamente speciale, al Barbican di Londra, la sera del 15 maggio di quest’anno. Insieme all'arrangiatore Jules Buckley, Paul Weller ha sbirciato nel proprio immenso songbook, e ha tirato fuori dal cilindro un’emozionante scaletta di grandi classici abbinati a brani più recenti, rileggendoli in un’inedita veste orchestrale, grazie al supporto della BBC Symphony Orchestra. Un’operazione in bilico fra il nostalgico e il coraggioso, che ha gettato nuova luce su diciotto canzoni, che continuano a suonare bellissime e intense, anche in questo approccio decisamente anomalo (e raffinato).
Apre la performance, una versione lussureggiante di "Andromeda" da Wake Up The Nation, seguita da una "English Rose" completamente rielaborata, densa e avvolgente, che non perde un grammo della sua straordinaria bellezza, gemma senza tempo (sono passati più di quattro decenni dal suo concepimento), che fu scritta da Weller quando aveva solo vent’anni. Non solo una delle signature song di una carriera impeccabile, ma anche il brano simbolo di questo nuovo album, che ben spiega l’incredibile lavoro di riscrittura fatto dall’asse creativo Weller-Buckley. Dell’era Jam viene, poi, ripresa anche la leggendaria "Carnation", sottoposta a un maquillage sontuoso, che però nulla toglie alla drammatica tensione che innerva il brano.
La presenza, poi, di tre ospiti in altrettante canzoni, rende la proposta musicale di An Orchestrated Songbook ancora più suggestiva, consentendo al songwriter inglese di misurare la bellezza delle proprie canzoni anche in duetti, quasi tutti riusciti. La meravigliosa Celeste torna alla corte di Weller per una avvolgente "Wild Wood" e la loro chimica rilassata (in passato, avevano già registrato insieme una grande versione di "You Do Something To Me") spinge questa meraviglia in una dimensione completamente diversa. Boy George trasmette ulteriore linfa vitale alla hit, periodo Style Council, "You're The Best Thing", sfoggiando un vocione soul da brividi, mentre l’inaspettata presenza di James Morrison non aggiunge nulla all’esecuzione della conclusiva "Broken Stones".
An Orchestrated Songbook non ha punti deboli, troppo belle le canzoni che lo compongono, troppo efficace l’arrangiamento orchestrale, ma tocca vette sublimi quando la rilettura sfocia nell’imprevisto, come accade nella mise en place ancora più intensa e cinematografica di "Still Glides The Stream" (da Fat Pop), in "You Do Something For Me", così ricca e maestosa nel suo svolgimento, o nella riproposizione della gioiosa e vivace "My Ever Changing Moods", mai tanto smaccatamente frastornante e pimpante.
Un disco, An Orchestrated Songbook, che non rappresenta certo un capitolo essenziale della discografia di Weller, essendo, in realtà, una sorta di best of, le cui canzoni sono arrangiate in modo diverso da come le conoscevamo in origine. Non è, però, un mero esercizio di stile calligrafico, ma un tentativo, semmai, di dare nuova linfa vitale a brani noti, accedendo a una dimensione altra, insolita, sicuramente intrigante, spesso addirittura affascinane. Non potrà mai essere un sostituto della preziosa discografia del modfather, ma di sicuro, questo nuovo lavoro, potrà farne parte senza sfigurare.