Sono diversi anni che seguo il cammino artistico di An Early Bird, il progetto solista che Stefano De Stefano ha messo in piedi dopo la fine dell’avventura coi Pipers, e ciononostante ciò non ero ancora riuscito a vederlo dal vivo. L’artista di Napoli (che vive però da tempo a Milano), in Italia non suona proprio spessissimo, avendo da coltivare anche una discreta fan base all’estero. Non è un caso se la data milanese di supporto all’ultimo Are We Still In? sia arrivata al termine di una serie di concerti in Germania, paese con cui il nostro ha da sempre un rapporto speciale.
Stasera si suona all’Arci Bellezza, divenuto ormai sede privilegiata di gran parte dell’attività live dopo che il Covid ha provocato la chiusura di punti di riferimento importanti come l’Ohibò e il Serraglio. Si sta al piano di sotto, nel locale denominato Palestra Visconti, piccolo e accogliente, ideale per il tipo di performance intima a cui assisteremo. Questa sera infatti non ci sarà band, Stefano si esibirà da solo con la sua chitarra, come spesso accade quando si trova in tour.
Prima di lui c’è Henry Beckett, monicker dietro il quale si nasconde Raffaele Volpi, artista milanese che ha esordito nel 2017 con l’EP Heights, e che è ora in procinto di pubblicare il suo disco d’esordio, in uscita il 17 marzo. Il suo è un cantautorato molto debitore ai suoni d’oltreoceano (scambiandoci due parole prima del concerto mi ha confidato che una delle sue principali fonti di ispirazione è Ryan Adams) particolarmente forte nei ritornelli e valorizzato da un ottimo timbro vocale. Da solo con la sua chitarra, suona una manciata di pezzi, tra cui l’ultimo singolo “Wires” e la vecchia “Why We Dance”, tratta dal primo EP. Si tratta di canzoni dal retrogusto malinconico (alcune parlano di amori finiti) ma che contengono allo stesso tempo una inusitata apertura di speranza. Ne ascoltiamo anche un paio inedite ed è abbastanza per capire che il disco in uscita promette di essere interessante.
Il concerto di An Early Bird comincia con “Your Sewn Mouth Secrets” e “Something Left”, due canzoni dal primo disco Of Ghosts & Marvels, rese in maniera particolarmente delicata e soffusa. Voce in punta di piedi, chitarra appena accennata e un’armonica che è un mero sospiro, si tratta di esecuzioni di rara intensità, che da sole fotografano molto bene quello che Stefano è in grado di fare lontano dalla sua band.
L’atmosfera della palestra contribuisce poi a dipingere uno scenario ideale, col pubblico attentissimo e partecipe, ed una immediata complicità tra sopra e sotto il palco, con l’artista che si diverte a stuzzicare i presenti e a raccontare diverse cose di sé e delle canzoni che sta suonando.
Nella prima parte arrivano anche “Roll the Dice”, uno dei singoli uscito appena prima del nuovo disco e “Till Dawn”, ancora dal primo album. Dopodiché c’è un gradito intermezzo al pianoforte (la Palestra Visconti ne possiede uno bellissimo a coda) con l’esecuzione dell’inedita “Love Was Found” che, almeno a giudicare dal primo ascolto, sembra dotata di un’inflessione più catchy e vicina al Pop, anche se ovviamente bisognerà vedere come verrà trasformata dalla presenza di tutti gli strumenti.
Da quel momento in poi il concerto entra in un’altra dimensione, dove sono tre dei musicisti a cui è più legato a salire sul palco con la loro chitarra per contribuire all’esecuzione dei brani. Il primo è Johan Sebastian Punk, da poco uscito con l’interessante EP Rinascimento, e vederlo accanto a Stefano a cantare e a suonare la chitarra acustica è per me una sorpresa, visto che la sua proposta musicale è totalmente diversa. In realtà coi suoi fraseggi solisti va ad impreziosire “Crash Into Me”, che è uno degli ultimi singoli incisi come An Early Bird ma che era in realtà nato come un pezzo dei Pipers; e poi “Ask Me For a Cigarette”, sempre dei Pipers, con il divertente racconto del videoclip girato a Napoli, ed un cerchio che si chiude esattamente dieci anni dopo, con la fotografa che si era ai tempi occupata dello shooting, presente in prima fila questa sera.
Il secondo ospite è Eugenio Mazzetti, già nei Pipers e successivamente titolare del progetto The Right Place. Insieme eseguono “Last Song of the Year”, mentre la successiva “Tip Toe Walk” ritrova Stefano in chiave solista, ma dove al brano è stata donata maggiore apertura e dinamicità.
Non poteva poi mancare Alessandro Panzeri, vale a dire Old Fashioned Lover Boy, amico e collaboratore di vecchia data; direttamente da Sanremo, dove ha partecipato con la sua etichetta Futura Records ad un evento organizzato da Spotify, ha donato la voce e la classe che lo contraddistinguono a “Colours” e a “Lights Off”, quest’ultima realizzata da Stefano assieme a Marti West, che comunque è stato più che degnamente sostituito.
A chiudere, di nuovo due canzoni in solitaria: “Fading Into Day” e “First Time Ever”, con i presenti che, vinta l’iniziale timidezza, si lanciano in un singalong suggestivo, con tanto di armonizzazioni vocali sorprendentemente intonate.
Come ha detto ad un certo punto Johan Sebastian Punk, queste sono serate di “resistenza”: che non vuol dire, attenzione, rinnegare gli spazi e i volti del mainstream (nonostante poi nel corso della serata l’ironia su Sanremo sia stata adoperata in più di un’occasione) quanto il supportare con consapevolezza quei musicisti che vivono unicamente sorretti dalla loro indefessa passione.
An Early Bird è uno di questi e siamo stati contenti, per una sera, di averlo toccato con mano.
Photo credits: Ricky Angelini