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REVIEWSLE RECENSIONI
ALONE vol. III - Palude
Gianni Maroccolo
2019  (Contempo Records)
WORLD MUSIC ALTERNATIVE ITALIANA
7/10
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27/12/2019
Gianni Maroccolo
ALONE vol. III - Palude
Se “Abisso” raccontava di un naufragio, “Palude” (questo il sottotitolo del terzo) parla di violenza sui bambini e sulle donne. E diciamo che a questo giro, forse molto più che in precedenza, il soggetto trattato ha determinato la natura dell’opera...

Terzo capitolo per “Alone” di Gianni Maroccolo, il “disco perpetuo” articolato in quattro volumi ad uscita cadenzata di sei mesi. Lo schema è il solito: musiche di Marok, illustrazioni di Marco Cazzato, racconti di Mirco Salvadori. Ogni copertina porta raffigurato un animale, in qualche modo legato alle singole parti. Dopo il bufalo e il pesce degli abissi, ecco dunque arrivare la libellula: immagine di leggerezza, innocenza e, forse, anche rinascita, per un capitolo legato ancora una volta al tema degli ultimi e della sofferenza innocente. Se “Abisso” raccontava di un naufragio, “Palude” (questo il sottotitolo del terzo) parla di violenza sui bambini e sulle donne. E diciamo che a questo giro, forse molto più che in precedenza, il soggetto trattato ha determinato la natura dell’opera: tre brani soltanto, uno breve a fungere da introduzione, due lunghi, che superano entrambi i 20 minuti. In sovrimpressione, la voce di Luca Swanz Andriolo che interviene in alcuni momenti scelti, recitando un racconto di Nina Maroccolo, la sorella di Gianni. Il suo coinvolgimento, come ha raccontato lui, nasce dal fatto che la donna aveva realizzato in precedenza un progetto sullo stesso argomento, composto da una serie di cartoline. Su una di queste aveva scritto la frase “Non possiedo nome eppure mi invadono tutti”, che è stata ritenuta particolarmente azzeccata ad illustrare il contesto. È nato così il personaggio di Loletta, la cui vicenda è una sorta di fil rouge che attraversa tutto il lavoro. Se musicalmente “Palude” non si discosta troppo dai suoi predecessori (dopotutto è stato messo in chiaro fin da subito che si sarebbe trattato di un “disco perpetuo” e non di una serie di uscite), a scendere più in profondità, però, ci si rende conto che si è voluto fare qualcosa di più complesso. L’unione di basso (che rimane sempre lo strumento privilegiato da Maroccolo) e sintetizzatori analogici ha generato un’opera particolarmente ostica, che si articola sì in diversi movimenti ma che, complice anche il fatto che le tracce principali sono solamente due, scorre come un flusso continuo e non particolarmente decifrabile, privo com’è di apparenti punti di riferimento. Atmosfere musicali che, secondo quanto ha dichiarato l’autore stesso, si ispirano sia alla musica sinfonica di inizio ‘900 (ben avvertibile, questo, nella parte finale di “The Slash”) sia al minimalismo degli anni ’70 e ’80. Riferimenti non semplici, dunque, che obbligano l’ascoltatore a rimanere costantemente concentrato, nel tentativo di cogliere la vera essenza di brani che contengono poche ma decisive variazioni. Un disco cupo, forse più del precedente, dove a parte certe parti corali, non si respira quasi mai: i suoni sono carichi, invadenti, la presenza del Synth genera un ricorso incessante, una ripetizione sonora ossessiva e quasi satura. È un viaggio quasi claustrofobico, il modo con cui Gianni ha voluto raccontare una sofferenza quasi inesprimibile, un peccato per cui il quale sia lui sia Salvadori dubitano che esista una redenzione.  

Probabilmente inferiore in senso assoluto agli ultimi due capitoli (in questo la narrazione non aiuta, non perché in sé sia sgradevole ma perché sposta inevitabilmente il focus dalla musica al testo), “Alone Vol.3” rappresenta lo stesso la prova della grandezza di Gianni Maroccolo, un artista tra i pochi in Italia ad avere esplorato i generi musicali senza paletti e pregiudizi, spinto unicamente dalla ricerca della bellezza. Non ci resta che attendere il 17 giugno per ammirare il quadro completo.


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