Secondo capitolo del “disco perpetuo” di Gianni Maroccolo, progetto di musica, immagini (Marco Cazzato) e parole (i racconti di Mirco Salvatori che accompagnano ogni volume), articolato in quattro uscite tra loro legate e distribuite a sei mesi di distanza l’una dall'altra (il primo è uscito il 17 dicembre, questo il 17 giugno, stessa cosa accadrà per i prossimi due).
La prima considerazione che si potrebbe fare, prima di parlare della musica, è il leggero cambiamento nella strategia imprenditoriale alla base del progetto: in origine, i dischi avrebbero dovuto essere disponibili, in vinile e cd, solo attraverso il sito ufficiale di Maroccolo e di Contempo Records, mediante la sottoscrizione di un apposito abbonamento.
Già alcuni mesi dopo l’uscita, però, “Alone vol.1” è comparso su Spotify e sulle varie piattaforme in streaming e al momento lo si può anche acquistare al di fuori dei circuiti precedentemente stabiliti. Stessa cosa per questo volume 2, che è stato reso disponibile ovunque il giorno stesso dell'uscita.
È giusto, voglio dirlo apertamente. Sicuramente dispiacerà ai fan che hanno aderito immediatamente all'iniziativa e che ora si vedono in qualche modo privati di un privilegio. Detto questo, i tempi che viviamo ci obbligano in qualche modo a prescindere dal supporto fisico e se si vuole davvero che il proprio lavoro arrivi a tutti, non si possono limitarne i sistemi di fruizione.
Parliamo dei contenuti, adesso. Sarò banale ma un lavoro come questo va ascoltato con attenzione, bisogna immergercisi dentro, una semplice descrizione delle varie tracce rischierebbe di ridurlo.
La copertina, dalle tonalità scure, sulla quale campeggia un pesce degli abissi, è già un eloquente indicatore del cambio di scenario: alla tundra si sostituiscono gli oceani, con lo spunto iniziale offerto dal naufragio della nave F174, avvenuto a Portopalo, al largo di Siracusa, nel Natale del 1996. Era una vecchia imbarcazione di legno, malconcia e sovraccarica di clandestini provenienti da India, Pakistan e Sri Lanka. Morirono 283 persone, fino a Lampedusa la più grave tragedia del Mediterraneo, aggravata dal fatto che fu scoperta solo nel 2001, in quanto i pescatori del luogo, che si erano imbattuti in alcuni cadaveri, non denunciarono l'accaduto per paura che potessero essere imposte restrizioni alle loro attività.
Argomento quanto mai attuale e la decisione di renderlo il filo conduttore del disco ha avuto evidentemente un'influenza diretta nella composizione dello stesso.
C’è tutta una dimensione sotterranea, infatti, un unico flusso di sensazioni che trasmette un costante senso di inquietudine, una claustrofobia da cui si fatica ad uscire e che in parte contrasta con quei momenti di apertura che pure si percepivano nel precedente lavoro.
Una buona metà del disco è occupata da “Imus”, lunga traccia strumentale fortemente influenzata dalla Drone Music, che da sola fotografa perfettamente il mood del disco e ne riassume gli elementi musicali. Archi, chitarre, sono al servizio di un monolitico tappeto di Synth, sul quale si stagliano suoni, rumori e che scorre uniforme come l'oceano ma che si alza e si increspa nel corso del suo sviluppo, quasi a rappresentare le onde che hanno sommerso l’imbarcazione.
È questa la parte che più si riallaccia al primo volume, in una sorta di ideale movimento circolare che risulta essenziale per comprendere il progetto del “disco perpetuo” concepito da Marok, un’opera che idealmente potrebbe proprio prolungarsi all’infinito.
Se partire da qui potrebbe risultare complicato, la seconda fase del lavoro è invece più accessibile, visto che scorpora i vari temi della suite iniziale in una serie di composizioni più brevi, alcune delle quali rispettano la forma canzone.
Spiccano tra le altre “The Abyss”, rilettura del brano di Chelsea Wolfe, affidata alla voce sempre affascinante di Angela Baraldi, qui perfettamente a suo agio anche con l'inglese. L'altro brano cantato è “Aetatis Progressu”, che vira sorprendentemente verso atmosfere Trip Hop (la base è curata da Howie B.) e che vive della meravigliosa interpretazione di Francesca Bono degli Ofeliadorme.
Molto interessanti anche “Discessio”, un'esplosione Post Rock in pieno stile Mogwai (con tanto di cambio improvviso di volumi) e “Submersio”, che è di fatto una composizione per piano solo (suonato qui da Alessandra Celletti) che con il suo feeling notturno riesce a trasmettere in pieno la sensazione della tragedia appena avvenuta.
Con una seconda parte più dinamica e variata della prima, il secondo volume della serie “Alone” apre probabilmente a nuovi e inediti scenari in arrivo il prossimo dicembre. Comunque vada, si riconferma come una tappa importante nel percorso artistico di Gianni Maroccolo, un'opera che tutti, almeno tentativamente, dovrebbero provare ad avvicinare.