Dopo il lungo iato che li aveva tenuti lontani dalle scene per sette lunghi anni, i londinesi Thunder, autentica leggenda dell’hard rock britannico, hanno iniziato, è proprio il caso di dirlo, una sorta di seconda giovinezza, a partire dal celebrato Wonder Days del 2015 e proseguita, quindi, fino a questo ultimo, notevole, All The Right Noises. Un disco che trasmette immediatamente la certezza che alcune band, nonostante il tempo trascorso dagli esordi (nel 2021, i Thunder compiono trentun anni di attività), non siano assurte a fama imperitura per caso e che, quando l’ispirazione, come in questo caso, è particolarmente alta, possano tranquillamente dare la biada a schiere di scalpitanti giovani band.
A dispetto dei tempi cupi che stiamo vivendo, i cinque “vecchietti” continuano a pompare decibel e rock dai loro ampli, regalandoci quel surplus di energia e vigore, oggi quanto mai necessari per superare la triste ripetitività di giorni tutti uguali. Melodie di prim’ordine, piede sull’acceleratore e riff frangiflutti sono le armi a disposizione di Luke Morley, chitarrista e prima mente pensante del quintetto, che pur alimentato dalla frustrazione e dalla rabbia, è riuscito a trovare l’ispirazione per un disco capace di entusiasmare e di regalare anche momenti (Dio, quanto ne abbiamo bisogno!) di leggerezza e puro divertimento.
Certo, il rosario delle bestemmie e della rabbia viene sgranato fin dall’inizio: Last One Out Turn Off The Lights è un up tempo vigoroso che ringhia con ferocia contro la Brexit, la pesantissima Destruction è un agguato alle spalle nel cuore della notte, pesa e cupa a causa di quel testo incentrato sulla depressione, e The Smoking Gun, brano acustico dal sapore quasi folk viene attraversato da una vibrante tensione in odor di crepuscolo.
Una tripletta da fuoriclasse, che enfatizza il velo cupo che avvolge parte del disco e che riemerge in alcune canzoni come Force Of Nature, intreccio tra chitarre acustiche ed elettriche in un crescendo zeppeliniano sulle avventure del passato governo Trump, la minacciosa Don't Forget To Live Before You Die, monito a godersi la vita prima che sia troppo tardi, e l’amara St. George’s Day, canzone che affronta il tema del razzismo e dell’intolleranza.
Temi pesanti e brani pensanti, che però, come si diceva, sono bilanciati da episodi decisamente più leggeri, spinti dalla stupefacente Going To Sin City, un r’n’b al metallo, screziato d’ottoni e trainato da un ritornello che farebbe invidia agli Ac/Dc, e quindi ribaditi nella pimpante e conclusiva She's A Millionairess e nel rockaccio saltellante di Young Man.
C’è anche di meglio, però. La sfacciata e trascinante You're Gonna Be My Girl è punteggiata da un pianoforte honky tonk e possiede un refrain da cantare a squarciagola e ballare sotto il palco, appena potremo tornare a farlo, mentre I’ll be The One, cuore pulsante della scaletta, è una delle ballate più intense mai scritte dalla band, innalzata verso l’estasi pura da un solo di Morley da pelle d’oca.
Onesti, coerenti e fedeli al proprio credo, i Thunder continuano a masticare musica con classe infinita e un’ispirazione ancora una volta al top. Un disco, All The Right Noises, che riesce a suonare potente, ruvido, e al contempo divertentissimo, grazie a un’energia che sembra rubata alla fonte dell’eterna giovinezza. In giorni come questi, piatti, monocordi e privi di attesa, spolparsi i padiglioni auricolari con un surplus di decibel e di sfrontata baldanza può essere davvero un lenimento per l’anima, un tonico che ci può mantenere in forma per quando tutta questa merda sparirà e potremo tornare a divertirci, senza mascherine e distanze da rispettare. Fate il pieno, tornerà utile.