Smetterà mai di stupirci l'America? Con molte probabilità, musicalmente no. Più si scende nel profondo del rock americano e si cercano band ed autori semisconosciuti, più ci si imbatte in lavori convincenti. E' il caso dei Blitzen Trapper. Chi? Esatto, reazione più che comprensibile.
Lungi dall'essere gli ultimi arrivati, i Blitzen Trapper da Portland (Oregon) portano in giro per gli Stati Uniti il loro sound sin dal 2003, anno di debutto con il disco omonimo. La prima parte della carriera si caratterizza per una forte attitudine new-folk senza mai scivolare nell'alt country. Nel 2008 vengono anche bagnati dal successo (di nicchia, ovviamente) grazie a "Furr", una canzone (che da il titolo anche ad un album) vivace ed acustica, con bellissimi cori ed un airplay radiofonico interessante. Nonostante una carriera in fase di decollo però, il quintetto/sestetto (dipende dai dischi) guidato dalla bella voce di Eric Earley decide di fare un passo azzardato, ma probabilmente nelle corde del gruppo da tempo: virare decisamente verso l'elettrico. Con qualche intoppo però, se è vero che i tre album che vanno dal 2010 al 2013, nell'ordine Destroyer of the void, American Goldwing e VII, risentono di un rock zeppo di clichè e senza la scintilla compositiva.
Poi, e siamo arrivati nel 2015, è il momento di All across this land, con il quale finalmente le intuizioni ed il sound dei precedenti dischi vengono messi a fuoco con maggiore mestiere. Nei nuovi Blitzen Trapper la formula di certo non fa gridare alla scoperta epocale: è rock americano puro. Early ed i suoi sodali probabilmente tengono sul comodino della camera da letto Born To Run e Blonde On Blonde (come molti di noi, d'altronde). Ma nella sincerità di non nascondere le fonti di ispirazione, i Trapper giocano a carte scoperte: il fatto che esista già una "Thunder Road" vieta la pubblicazione di qualsiasi altra canzone che ne tragga precisa ispirazione?
No, perchè anche noi siamo innamorati di quel connubio senza tempo di pianoforte e chitarre, quel pop/rock che narra storie di disillusi ed omonimi cittadini di provincia. Così nascono pezzi come "Night Were Made For Love" e "Cadillac Road" (qualche dubbio dopo aver letto i titoli?).
Come sempre però le ispirazioni di una band non sono mai monotematiche, così si respira aria di Counting Crows in "Lonesome Angel", mentre più tamarre sono l'apripista "Across This Land" e soprattutto "Rock And Roll (Was Made For You)", la quale comunque dietro un'aria scanzonata e diretta nasconde una bella esecuzione (stupendo il lavoro delle chitarre).
Niente di nuovo sotto il sole dunque, eppure il disco si fa ascoltare con una certa dipendenza. In fin dei conti, ne abbiamo abbastanza di proposte lo-fi ed ogni tanto del sano rock, anche un po' nostalgico, calza a pennello.
La certezza, purtroppo, è che resteranno sempre lì, a girare l'America nelle Strade Blu narrate da William Least Heat-Moon (grande libro, correte a comprarlo) ed a salire su palchi di piccoli teatri di provincia. A meno che, non vogliate correre a prendervi la vostra copia di All Across This Land.