Ricetta per un perfetto scandalo all'inglese: andare contro le regole con ironia, raccontare il proprio scandalo con altrettanta ironia, diventare paranoici, sopra le righe, coprire tutto alla bell'e meglio, affidarsi ad un avvocato di grido, cercare di farla franca. Ricetta per una perfetta serie TV all'inglese: assoldare uno come Stephen Frears che l'inglesità la racconta così bene, ricongiungerlo con il beniamino Hugh Grant, dandogli un ruolo perfetto per lui, aggiungere un tocco più intenso e moderno dato dal bel Ben Whishaw e raccontare insieme uno scandalo che sconvolse la politica inglese negli anni '70. Lo scandalo in questione è quello che coinvolse l'allora membro del Parlamento Jeremy Thorpe, accusato non solo di aver avuto una relazione omosessuale -lui, vedovo, risposato e con figli- ma pure di aver orchestrato l'omicidio del suo ex amante, che aveva iniziato a ricattarlo dopo averlo incolpato per tutte le sfortune della sua vita. Uno scandalo coi fiocchi, che arriverà fino alle sbarre del tribunale facendo diventare l'affaire uno show. Ma prima c'è tempo e spazio per raccontare la lunga epopea che lega Jeremy e Norman Scott, il loro primo incontro, i loro tanti incontri come amanti a tutti gli effetti, l'inevitabile rottura dovuta ai drammi che Norman si porta dietro, e la scalata al potere di Jeremy che deve però fare i conti con un ex che diventa una mina vagante e per questo una minaccia da mettere a tacere. In soli tre episodi -altra tipicità inglese- questo si racconta, ma si fa luce soprattutto su un periodo in cui l'omosessualità era ancora contro la legge, in cui essere gay voleva dire rischiare la vita per un momento d'amore, e la carriera e la credibilità, pure, creando così coperture e maschere. Finisce a sorpresa che si scopre un'umanità che non ci si aspetta da un politico tanto calcolatore da sposarsi solo per avanzare nei sondaggi, da organizzare nei minimi dettagli un delitto per non rischiare la poltrona, finisce che quasi commuove quella sua scelta, quel suo primo amore verso il giovane Norman. E ci si commuove pure per l'esagerato, squilibrato Norman, che riesce sempre a cavarsela, che trova sempre chi lo può aiutare, finendo però per danneggiarlo e danneggiarsi. Poi, ovviamente, c'è spazio per quell'ironia alla Frears data dal ritmo, dalle freddure, dai personaggi stessi, con quell'organizzazione criminale tutt'altro che meticolosa che finisce per fare acqua da tutte le parti e soprattutto un processo finale che appassiona ora come allora. Non esente da difettucci e leggerezze, da ripetizioni e clamorosi salti nel tempo, A very english scandal ci consegna nuovamente un intensissismo Ben Whishaw simile qui a Jim Morrison, ma soprattutto uno spumeggiante, spigoloso, sfaccettato Hugh Grant. Quando si dice, insomma, uno scandalo e una serie inglese al 100%.