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REVIEWSLE RECENSIONI
A Light For Attracting Attention
The Smile
2022  (XL Recordings)
PSICHEDELIA ALTERNATIVE ROCK
8/10
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21/09/2022
The Smile
A Light For Attracting Attention
A maggio Thom Yorke, Jonny Greenwood (entrambi Radiohead) e Tom Skinner (Sons of Kemet) pubblicano A Light For Attracting Attention, un’opera creata sotto il nome dei The Smile. Si tratta di un disco che segue la falsa riga dei Radiohead o invece è qualcosa di diverso?

Quando ormai otto mesi fa i The Smile, Thom Yorke Jonny Greenwood e Tom Skinner, pubblicarono il loro primo singolo (“You Will Never Work In Television Again”) ci si rese subito conto che stava per arrivare qualcosa di grosso, uno di quei dischi da ascoltare assolutamente, anche perché vedeva due colossi come Yorke e Greenwood lavorare nuovamente insieme, e non più (almeno per ora) sotto la bandiera dei Radiohead.

Certamente la domanda “si ma i Radiohead?” ce la siamo fatta tutti, ma dopo l’uscita di A Light For Attracting Attention del 13 Maggio (XL Recordings) è stato subito chiaro che era una domanda fuori luogo, dato che qui siamo di fronte a qualcosa di diverso e, a suo modo, di grande. Sicuramente non è un disco immediato, necessita vari ascolti, ed è meno rivoluzionario di molte opere dei Radiohead, ma è decisamente un grande disco.

Innanzitutto è interessante vedere chi ha lavorato a questo disco e analizzando il team si possono vedere molte figure interessanti. Ovviamente Thom Yorke e (soprattutto) Jonny Greenwood saltano subito all’occhio, ma come vedremo non da meno è Tom Skinner (già batterista dei Sons Of Kemet) che ha portato molte influenze davvero importanti. Scorrendo i credits del disco si notano poi subito Nigel Godrich, storico produttore dei Radiohead e qui nuovamente al lavoro, la presenza degli archi della London Contemporary Orchestra e di una formazione di ottoni, oltre che una scarsa presenza negli elenchi degli strumenti di synth.

Ci troviamo quindi davanti alla brutta copia dei Radiohead o a qualcosa di diverso?

 

Personalmente penso che siamo davanti ad un disco diverso con alcune novità interessanti, è presto per gridare al cult, ma comunque rappresenta qualcosa di nuovo e stuzzicante. D’altro canto, però c’è un pericolo che si insidia nell’ascolto, e cioè quello di soffermarsi molto sulle similitudini che questo progetto presenta con i Radiohead. Bisogna anche ammettere che negli arrangiamenti ogni tanto si riconoscono diversi elementi che risulteranno familiari ai fan e che possono rischiare di distogliere l’attenzione dal focus del disco. A mio parere un’analisi in cui non bisogna perdersi, perché non inficia la novità dell’opera e rischia di far perdere di vista i molti aspetti interessanti di questo nuovo debutto.

 

Il disco è un viaggio di 13 tracce che inizia con l’intrigante “The Same”, un brano che ammicca a sonorità molto aperte, quasi ambient/psichedeliche. Subito dopo però, con “The Opposite” e la successiva “You Will Never Work in Television Again”, si assapora un impasto sonoro molto differente anche grazie al lavoro magistrale di Tom Skinner, che si alterna tra ritmi afro e post punk. È sicuramente difficile spiccare quando i tuoi compagni sono due giganti come Yorke e Greenwood, ma Skinner è riuscito a farlo proponendo in tutto il disco dei groove con profonde influenze afro e punk, ipnotici e allo stesso tempo solidissimi, tanto che spesso è proprio la batteria lo strumento attorno al quale gira non solo l’impianto ritmico, ma anche gli arrangiamenti.

Questi ultimi, quasi esclusivamente composti dalla triade batteria-basso-chitarra, si impreziosiscono in alcuni brani con un pianoforte o con archi e fiati ( “Pana-vision”). Di synth ed elettronica ce né davvero poca, sembra che in molti brani ci sia, ma analizzando con attenzione le canzoni si capisce che spesso è la chitarra con un effetto particolare, oppure gli archi o i fiati.

 

Ciò che più caratterizza il disco, in ogni caso, è la presenza di una sorta di ipnotismo, costituito da una presenza massiccia di crescendo importanti, accompagnati sempre da magnetici riff di chitarra e basso.

Thom Yorke canta quasi sempre in maniera molto delicata, in falsetto, ma quando esce a voce piena lo fa in maniera magistrale, emozionante. I testi sono tutti molto introspettivi e spesso critici rispetto alla realtà di oggi, ma presentano quasi sempre un punto di preghiera, un grido di totale e umana onestà in cui Thom sembra mettersi a nudo, come in “Free In The Knowledge”: “I talked to the face in the mirror, now he can’t get through, turns out we’re in this together, both me and you

 

In conclusione, si può dire che con A Light For Attracting Attention siamo davanti ad un grande disco. Sicuramente non rivoluzionario, non presenta pezzi stravolgenti che ci fanno strappare le vesti, ma non era nemmeno questa l’intenzione del gruppo. Questo è un album delicato, da conoscere e scavare, un ascolto alla volta, di modo da trovare le vere perle tra le note. Ed è quello che vi auguriamo qualora non l’abbiate ancora fatto: ascoltatelo, fatevi trascinare nel viaggio e trovate le gemme che i The Smile hanno lasciato per voi lungo il cammino.