Nell'epoca di Donald Trump, in anni attraversati da voglie insane di muri e barriere, segnati dalle tragedie legate all'immigrazione e in generale da una miopia diffusa da parte delle élite verso i bisogni primari della gente comune, e tenuto conto anche del cancan sollevato dal movimento Oscarsowhite negli ultimi anni, per la Notte degli Oscar 2019 ci si aspettava da parte dell'Academy un occhio di riguardo per tutti e il trionfo dell'eterogeneo. Tutto sommato le scelte della giuria sembra siano andate proprio in questa direzione.
Il cuore di alcuni batteva accanto a quello di Spike Lee, vero alfiere della cultura nera e autore che nel corso degli anni avrebbe meritato qualcosa più di quel che ha raccolto, ignorato dall'Academy anche negli anni migliori della sua carriera e insignito troppo tardi di un premio onorario che lascia un po' il tempo che trova. Qualcuno sognava di vedergli alzare la statuetta per la miglior regia se non proprio quella per il miglior film, che rimanendo nell'ottica della fratellanza nera poteva andare anche a Green Book (come in effetti è stato); ad ogni modo un premio è arrivato anche se non proprio quello sperato, e il battagliero Spike non ha mancato di esternare le sue rimostranze. La vittoria di Green Book non desta troppe sorprese e in un'ottica coloured accontenta un po' tutti (tranne Spike Lee).
“Abbiamo fatto questo film con amore, gentilezza e rispetto.” Questo il cuore del discorso di Jim Burk, uno dei produttori di Green Book.
“L’intera storia riguarda l’amore, l’amore nonostante le differenze; fino a scoprire la verità su chi siamo: siamo tutte persone uguali” - continua il regista Peter Farrelly.
Ecco il sentimento vincente degli Oscar 2019: l’amore. E viene da pensare anche il sentimento che dovrebbe vincere in questo momento, nella storia della nostra società.Durante tutta la cerimonia degli Oscar in effetti aleggiava un forte desiderio di inclusione, collaborazione, rispetto; tutte caratteristiche che hanno reso assolutamente attuale e pregnante la storia raccontata dal film vincitore di ben tre Oscar: Green Book si aggiudica il premio per il Miglior Film, per il Miglior Attore non protagonista e per le Miglior Sceneggiatura Originale.
Quest’ultimo, in particolare, è dovuto alla straordinaria storia di Tony Lip, un uomo comune, immerso nella cultura americana degli anni ‘60, e portatore di ideali inculcati da una società traviata, dalla quale riesce però ad uscire, grazie alla più grande delle forze: quella dell’amicizia. A fare da corollario ad una storia già così molto potente poi, la musica, protagonista sempre adeguata delle scene più toccanti e divertenti del film. Un mix insomma perfetto, perfetto per tre Oscar!
In una serata che si preannunciava spenta, per la prima volta senza presentatori, c'hanno pensato i comici a turno sul palco a cercare di ravvivare la situazione. Onore al trio Maya Rudolph-Tina Fey- Amy Poehler e a Melissa McCarthy ricoperta di conigli (omaggio a La Favorita) per averci tentato.
I momenti più emozionanti?
Ovviamente il duetto romantico e strappalacrime fra Bradley Cooper e Lady Gaga, che fanno scintille piano e voce sul palco. A rubargli la scena però c'è sempre lo scatenato Spike Lee che vola in braccio a Samuel L. Jackson prima, e urla felice a Barbara Streisand nella presentazione del suo BlacKkKlansman. E infine, ovviamente, lei: la scatenatissima Olivia Colman, che soffia a Glenn Close (The Wife) quello che sembrava un altro Oscar scontato dando a La Favorita quello che meritava. Sul palco incredula, fa ridere e commuovere tutti, compreso Yorgos Lanthimos e il marito.
Roma resta a bocca asciutta – beh, si fa per dire! – portando a casa la miglior regia per Cuaròn, il miglior film straniero e miglior fotografia.
Per non scontentare nessuno, un premio è andato anche a Se la strada potesse parlare ma più che meritato vista l'interpretazione di Regina King, uno al trucco di Vice e pure a First Man per gli effetti speciali. Rami Malek vince la stuetta come miglior attore per Bohemian Rhapsody ed entra nella storia, figlio di egiziani, in un discorso di ringraziamento pieno di importanza per le sue origini e per la storia che condivide con il piccolo Freddie Mercury, con tanto di dichiarazione d'amore verso la collega e compagna Lucy Boynton.
Infine il colpo di scena di questi Oscar, quello in cui tutti segretamente speravamo. Dopo anni di dominio la Disney cede il passo alla Marvel. Stan speriamo tu ti sia goduto lo spettacolo da lassù. Hai presente tutti quei signori vestiti perbene, con occhiali dalla montatura di alto design e la barba curatissima, quelli che da sempre distinguono la letteratura dai “giornaletti”, l’arte pittorica dalle misere vignette e il cinema d’autore dal cinema di stupido intrattenimento? Ecco quei signori hanno premiato il tuo/nostro Spider-Man. Spider-Man Into The Spider-Verse non è solo un film di animazione sull’Uomo Ragno, è una vera e propria lettera d’amore ai fumetti, è la formidabile creatura di un pugno di autori che è riuscita in un equilibrio miracoloso a portare sul grande schermo, non solo l’identità più autentica del personaggio e del suo mondo, ma anche uno squarcio amplissimo del modo in cui tutto questo è stato immaginato, raccontato e reso vivo da quel fatidico anno 1962 in poi sulla carta stampata, nei cartoni animati, nei telefilm e evidentemente sul grande schermo. Anima, tecnica, lo stesso movimento dei personaggi è un omaggio continuo alla storia di questo comic book che nonostante i tempi e le mode passeggere interagisce con l’anima dei più piccoli, degli adolescenti e degli uomini che sono disposti a lasciargli uno spazio nella loro vita. Grazie Stan. Ovunque tu sia, Excelsior!
Cos'altro aggiungere? Niente, anche per quest'anno è andata, ora possiamo tornare a occuparci di Cinema seriamente :)