A David Bowie, con gratitudine.
“We live inside a dream”
(L’agente Philip Jeffries/David Bowie in Fire walk with me, 1992)
Forse questa trama è difficilmente raccontabile.
Narra la leggenda che Michail Gorbacev telefonò a George Bush chiedendogli di fare pressioni su David Lynch per farsi dire chi avesse ucciso Laura Palmer. Basta questo aneddoto, reale o presunto che sia, a testimoniare l’impatto che ebbe la serie ideata per la tv - puro cinema in realtà - I segreti di Twin Peaks. Traduzione un po’ datata, nel senso che oggi nessuna serie sarebbe intitolata in questo modo. Perché? Troppo didascalica, anche se per una volta non è stato stravolto il messaggio dell’opera; l’idea di una cittadina dove gli abitanti conducono una doppia vita non è certo nuova ma in questi decenni il successo della Madre di tutte le serie, (come spesso viene definita dai critici), ha generato una narratività tale da farmi percepire, mentre scrivo, come ai piedi di una montagna da scalare di cui non vedo la cima. Come raccontare tutto?
Mi viene in aiuto l’agente Philip Jeffries interpretato da David Bowie, il quale appariva fantasmaticamente pronunciando alcune frasi rivelatrici in un episodio chiave del film Fuoco cammina con me, prequel della serie presentato nel 1992 al Festival del Cinema di Cannes. Questa data è molto importante perché, tornando alla metafora della montagna, rimanda alla vetta di notorietà raggiunta dal regista fino a quel punto: oltre al successo mondiale di Twin Peaks, la Palma d’oro ottenuta con Cuore Selvaggio lo consacrava come il regista del momento proprio in quella Cannes che due anni dopo lo fischierà per il prequel[i].
“Ci rivedremo tra venticinque anni”, predisse il doppelganger di Laura Palmer all’interno della Loggia Nera, ma prima dell’avverarsi di questo monito Lynch dovrà sudare sette camicie per recuperare il giusto credito e lo farà grazie alla trilogia composta da: Lost Highways, Mulholland Dr. e INLAND EMPIRE. Proprio venticinque anni dopo Twin Peaks il regista di Missoula si prenderà la rivincita con la proiezione (seguita da una standing ovation), sempre a Cannes, dei primi due episodi della cosiddetta “terza serie” che il regista invitava a guardare come un film della durata di diciotto ore: Twin Peaks - The Return.
Il Doppelganger di Laura
“But who is the dreamer?”
Il rimprovero subito allora anche da molti fan fu di non aver riproposto nel film Fuoco cammina con me i tipici atteggiamenti che caratterizzavano i personaggi nella serie; insomma, a detta del pubblico, Lynch avrebbe dovuto riproporre fedelmente la serie su pellicola. Cosa che non avvenne, anche solo pensando all’eliminazione di ogni aspetto ironico o comico presente nei primi episodi, in favore di un’atmosfera oppressiva e molto violenta.
In realtà la visione del film è necessaria, non la si può escludere dall’intero corpus lynchiano; soprattutto dopo la visione della terza serie risulta evidente come l’intera sua filmografia debba essere pensata come un unicum. Un esempio su tutti consiste nel famoso pavimento a strisce a zig zag bianche e nere che caratterizza la Loggia Nera, già presente nel suo primo lungometraggio del’77, Eraserhead. Il film veniva proiettato a mezzanotte nei circuiti horror e il giovane regista vi aveva investito tutto (anche economicamente); ad una di queste proiezioni era presente Mel Brooks, il quale una volta uscito dalla sala esclamò: “Tu sei pazzo, mi piaci”, e gli produsse il successivo The Elephant Man lanciandolo verso la fama.
Black Lodge
“Chi è il Sognatore?” chiedeva Monica Bellucci - nella parte di sé stessa - rivolgendosi all’ispettore Gordon Cole nel sogno che proprio Lynch racconta (già nelle serie precedenti il regista aveva interpretato questo personaggio) recuperando la scena dell’apparizione di David Bowie nel film Fuoco cammina con me. Senza ombra di dubbio il sognatore che tesse la tela del racconto è proprio il regista; basta fare un salto indietro all’ultima puntata della seconda sere dove diede sfogo alla sua visionarietà mostrando al pubblico quella che fino a quel momento era stata solo adombrata come una realtà parallela nei sogni dell’agente Dale Cooper, la Black Lodge. Entità metafisica che, come tutto a Twin Peaks, ha un suo doppio svelato dall’agente indiano Hawk a Cooper: la Loggia Nera è l’io-ombra della Loggia Bianca e secondo un’antica tradizione indiana nella prima si accede solo grazie ad una particolare congiunzione astrale recandosi presso i dodici sicomori di Glastonbury Grove (evidente rimando alla mitica Avalon o Glastonbury Tor dove leggenda vuole sia sepolto Re Artù[ii]).
L’ingresso della Loggia Nera
Al suo interno il tempo non scorre in maniera lineare e i suoi abitanti parlano al contrario; nella Loggia Nera si è posti dinnanzi alla prova dell’incontro con il proprio doppio, la parte oscura di sé, confronto che può risultare insostenibile a rischio di perdersi. La Black Lodge è posta al di sopra del Convenience Store descritto dallo spirito Mike nella famosa rivelazione fatta in sogno all’agente Dale Cooper che è il manifesto dell’arte di David Lyhch:
“Nell'oscurità di un futuro passato il mago desidera vedere. Un uomo canta una canzone tra questo mondo e l’altro. Non esiste che un'opportunità tra questo mondo e l'altro: Fuoco, cammina con me. Noi viviamo tra la gente, tu lo chiameresti un negozio conveniente. Noi ci viviamo sopra, proprio così com'è, come lo vedi tu. Anch'io sono stato toccato dall'essere infernale. Un tatuaggio sulla spalla sinistra. Ah, ma il giorno che vidi il volto di Dio, divenni un altro, e mi staccai da solo il braccio intero. Il mio nome è Mike e il suo è Bob”.
Negozio conveniente non è la traduzione appropriata, perché con questo termine nella lingua inglese si intende più un emporio, un minimarket, le cui tracce sono disseminate nel film Fuoco cammina con me, con quella fantasmatica apparizione di David Bowie nei panni dell’agente Philip Jeffries che risultava scomparso e che scopriamo essere stato rapito dagli spiriti mentre stava indagando su di loro.
Philip Jeffries sbuca dalla Loggia Nera nella realtà.
Le immagini di questa entrata in scena sono mescolate a scene dall’interno della loggia mentre è in corso una riunione delle entità maligne sopra al convenience store: è proprio Bowie a regalarci la chiave interpretativa di quello che sta accadendo esclamando: “We live inside a dream”. L’agente Jeffries è stato rapito dagli spiriti maligni ed ha partecipato suo malgrado ad una delle loro riunioni. Altre due frasi sono emblematiche per orientarsi ini questo mistero e provare a raccontare il mondo di Lynch: “No, non voglio parlare di Judy” (su cui torneremo alla fine) e “Chi credete che sia questo quì?” detta con veemenza indicando l’agente Dale Cooper, dove si intuisce che Jeffries è già a conoscenza del destino che attenderà il protagonista della serie, catturato dal suo doppio maligno, dopo esser entrato nella Loggia per salvare la sua donna Annie Blackburn[iii]. Annie era stata trascinata per vendetta in questa dimensione parallela da Windom Earle, ex-collega di Cooper appassionato di esoterismo che aveva ucciso la moglie dopo aver scoperto la sua relazione proprio con Cooper.
BOB e il Doppelganger di Cooper
Non potrò mai scordare quello che provai vedendo le ultime scene di Twin Peaks (l’ultimo episodio della seconda serie si intitola Beyond Life and Death): nella sua stanza del Great Northern Hotel l’agente si alza a fatica dal letto, dopo essere riuscito a scappare con Annie dalla Loggia Nera e, entrato nel bagno, sfonda volutamente lo specchio rivelando nel riflesso il volto di BOB. “Come sta Annie, come sta Annie, come sta Annie?” chiede ripetutamente mentre ride satanicamente; in realtà l’agente buono è rimasto prigioniero degli spiriti e il suo doppio malefico è libero di tornare a uccidere.
“Come sta Annie? Come sta Annie? Come sta Annie?”
1977-2017
“Siamo come il ragno. Tessiamo la nostra vita e poi ci muoviamo insieme in essa. Siamo come il sognatore che sogna e poi vive nel sogno. Questo è vero per l’intero universo”
(Frase tratta dalla Brhadaranyaka Upanisad, citata da David Lynch alla presentazione del suo INLAND EMPIRE)
David Lynch già a partire dal suo primo film mescolava mondi paralleli caratterizzati da un alto tasso onirico; Eraserhead (1977) non a caso era un’opera amata da Stanley Kubrick che durante le riprese di Shining la proiettava ripetutamente invitando gli attori ad assorbire l’atmosfera della pellicola. Del resto anche le tangenze di Twin Peaks con quel film non sono poche, basti pensare al Great Northern Hotel, un albergo che è un portale tra due mondi, alla presenza di spiriti che possono condurre alla follia, per non dire alla frantumazione di una famiglia. Sempre pensando a Shining e al racconto di Stephen King a cui il film s’ispira[iv], va colto anche il collegamento con gli Indiani d’America: l’Overlook Hotel si erige su quella che una volta era un cimitero indiano così come è un indiano Hawk, l’agente che rivela a Cooper l’antica leggenda sulla Loggia Nera tramandata dai suoi avi[v].
L’incipit di Eraserhead getta un ponte fino al 2017, mostrandoci una testa che fluttua nello Spazio e un pianeta simile ad una landa desolata che ricorda gli spazi astrali che saranno mostrati nell’episodio 8 di Twin Peaks - The return.
“Non esiste che un’opportunità tra questo mondo e l’altro (…) noi ci viviamo sopra”
Un uomo osserva da una finestra, mentre aziona delle leve incarnando il Demiurgo creatore, figura cara alle discipline gnostiche, che delineano una dualità tra Uomo e uomo per cui, come ricorda Paolo Riberi nel suo libro: Pillola rossa o Loggia Nera? la testa che vaga è il puro Spirito del protagonista, la cui scintilla si è riversata sul suo essere materiale, caduto sulla terra (come Bowie nel film di un anno precedente, L’uomo che cadde sulla Terra). Henry ha delle visioni, come l’agente Dale Cooper che riceve simbolicamente in sogno la soluzione dell’enigma su chi abbia ucciso Laura Palmer.
Cosa sta sussurrando Laura Palmer?
Un’altra scena di Eraserhead ci conduce in una stanza posta dietro ad un termosifone dove una donna canta e balla avvolta in una dimensione spirituale. Potremmo individuarne l’analogo nella Loggia Bianca che finalmente ci sarà mostrata dopo venticinque anni e dove troviamo un’altra donna che tiene in mano una sfera, un Gigante che è lo stesso che compariva nei sogni a Cooper e una gigantesca teiera, omaggio di Lynch a Jeffries/Bowie (amante del tè) che sarebbe dovuto comparire nelle riprese di Twin Peaks - The Return ma era già malato.
In un’altra delle visioni Henry viene decapitato da un albero secco e proprio nella terza serie vedremo Dale Cooper nella Loggia Nera con accanto lo spirito Mike che gli mostra un albero secco con in cima un piccolo cervello. Si tratta di quella che viene denominata The Evolution of the Arm, la realtà in cui si è trasformato il Nano, creatasi a sua volta dal braccio tagliato di Mike.
Quel personaggio è denominato da Lynch anche come The Man from another Place, spirito che compare anche nella visione di Philip Jeffries/Bowie in Fuoco, Cammina con me, dove rimprovera a BOB di non aver rispettato il patto per cui i tre spiriti (BOB, Mike e The Man from another place) si sarebbero cibati delle sofferenze degli umani. Mike nel tempo si è convertito al Bene e infatti è lui che favorisce l’uscita del vero Dale Coper dalla Loggia Nera per sconfiggere BOB.
Una tipica riunione degli spiriti (Fire, walk with me, 1992)
Un ultimo aspetto che approfondisce come molti temi della serie fossero già disseminati in Eraserhead riguarda la testa di Henry che finisce nella pressa di una fabbrica di matite: nei titoli di testa di Twin Peaks viene mostrata una segheria che produce a ripetizione, prendendo ovviamente la legna dai boschi di cui è ricca la zona. Di legno sono interamente rivestite le stanze del Great Northern Hotel dove nei primi episodi del 1991 vediamo Dale Cooper seduto mentre telefona con alle spalle le corna di un animale appese alla parete; questo è il modo con cui Lynch fin dal principio prefigurava quello che sarebbe accaduto all’agente alludendo allo spirito BOB che se ne sarebbe impossessato.
Arrivati a questo punto ci troviamo di fronte ad un cortocircuito, una compressione temporale: siamo all’inizio eppure il destino del protagonista è già segnato. La trama si riversa su sé stessa come avverrà in Strade Perdute del 1996 che iniziava con la frase: “Dick Laurent è morto” e analogamente in Mulholland Dr. del 2001 dove solo alla fine ci rendiamo conto, grazie al capovolgimento dei ruoli delle attrici, che i primi due terzi del film non erano altro che un sogno e che la protagonista era morta sin dall’inizio.
“It’s the future or is it the past?”, domanda che ricorre spesso nella terza serie.
Nel frattempo, 25 anni dopo.
(NB. Spoiler se non avete visto la terza serie)
“Lei è nella nostra casa ora”
(Il Gigante rivolto all’agente Cooper all’inizio della terza serie)
Meanwhile, era la parola pronunciata dal doppelganger Laura Palmer all’interno della Loggia Nera: “Mi rivedrai fra venticinque anni ma nel frattempo…”. Nel frattempo posso dire che David Lynch nel 2017 ha mantenuto la promessa e ha portato a termine il discorso lasciato interrotto. Non dobbiamo pensare, però, che in Twin Peaks - The Return si arrivi ad una spiegazione razionale; impossibile! Spesso nelle interviste il regista invita a non farsi troppe domande e a seguire il flusso visivo: perdersi è meraviglioso come dice una delle sue frasi preferite. Se nelle prime due serie il tratto distintivo era il doppio, nella terza, invece, il numero dominante è il tre. Tutto è triplicato nel segno del numero sacro: basti pensare che Kyle MacLachlan ricopre tre ruoli. Analizzando l’intera opera di Lynch risultano evidenti i richiami alla spiritualità, basti pensare ai metodi investigativi dell’agente Cooper che si rifanno allo Yoga, al Buddismo e alla Meditazione trascendentale. Ed è proprio in quest’ottica che finalmente, dopo che si pensava che della Loggia Bianca fosse rimasta solo la sala d’aspetto che preludeva alla Grande Prova, questa ci viene finalmente mostrata: la Dimora del limite estremo esiste.
White Lodge
Difficile dire dove si trovi, dato che anch’essa è soggetta a parametri spazio-temporali differenti dai nostri; al suo interno ci vengono mostrate due entità che sembrano esercitare un controllo sugli eventi, vale a dire il Gigante e una Donna (Signora Dido, nei titoli di coda).
Poteva mancare un divano nella Loggia Bianca?
Il Gigante lo conosciamo già e ci viene mostrato mentre osserva gli eventi su un grandissimo schermo, mentre la Donna tiene in mano una sfera, fuoriuscita dalla testa del gigante mentre fluttua sospeso nell’aria. Cosa sia contenuto in quella sfera rappresenta la chiave di volta di tutto il sistema Twin Peaks, del suo destrutturare la temporalità, ma soprattutto della sua apparente linearità per cui quello che pensavamo essere l’inizio della serie in realtà era il compimento di un progetto, le cui tracce venivano adombrate nel prequel Fuoco cammina con me e il cui compimento sarà rivelato nel primo episodio della serie del 2017 con il Gigante che esorta il vero Cooper (che sta per essere liberato) in questo modo: “Non possiamo dire tutto a voce”.
Perché? Forse perché il megafono presente nella stanza da cui fuoriescono dei sinistri rumori è collegato con la Loggia Nera (che è l’io-ombra di quella Bianca) e qualcuno che non deve potrebbe sentire quale sia il compito assegnato all’agente? “Listen to the sounds”, esorta ancora il Gigante…”and remember: Richard and Linda”.
Anche se Lynch non vorrebbe, qualcosa inizia a delinearsi e qualche dettaglio in più va fornito; torna in nostro aiuto il riferimento alle dottrine gnostiche[vi] con il processo di creazione del mondo tramite emanazione di sette sfere, ma anche al Cristianesimo con lo Spirito di Laura che viene mandato sulla Terra come vittima sacrificale per contrastare il Male. Lynch aveva già adombrato quest’ultima interpretazione nelle terribili scene finali di Fuoco, cammina con me, con Leland Palmer posseduto che uccide la figlia a pugnalate (senza alcuna speranza che intervenga un angelo a fermarlo) mentre la colonna sonora propone l’Agnus Dei dal Requiem di Luigi Boccherini.
Ecco cosa conteneva la sfera nelle mani della Signora Dido.
“No, non vi voglio parlare di Judy”
(Philip Jeffries/David Bowie)
Nell’ottavo episodio di Twin Peaks - The Return vediamo il Gigante che osserva su uno schermo l’origine del Male fatta coincidere con il primo esperimento nucleare (denominato Trinity) a White Sands, nel deserto del New Mexico nel luglio del ’45. L’episodio raggiunge vette di artisticità mai viste in tv e ci proietta in un viaggio seguente all’esplosione che è una evidente citazione di quello interstellare di 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick. Al termine di lande desolate siamo posti in presenza di Judy, ribattezzata anche The Experiment, come chiaro riferimento al deflagrare della bomba.
Judy o The Experiment
Spirito maligno che per emanazione invia delle uova sulla terra, tra cui si nota l’immagine di BOB, parallelamente Judy si incarna in un insetto che si introduce nel corpo della giovane madre di Laura mentre dorme, in una scena dai forti rimandi alla metamorfosi kafkiana. Perché impossessarsi di Sara Palmer? Forse per avere un controllo sulla figlia? In una scena degli ultimi episodi della terza serie vediamo la madre che nella sua casa osserva qualcosa che viene trasmesso in loop dalla televisione per poi rompere il vetro della foto della figlia morta provando a danneggiarne l’immagine, senza riuscirci. Forse Lynch vuole simboleggiare l’eterna lotta tra Male e Bene?
Twin Peaks inizia in quest’immagine
Mi fermo qui, le emozioni nel rivedere queste immagini stanno prendendo il sopravvento e mi rendo conto che tentare di raccontare questa storia è un compito in cui ci si può perdere. Meglio lasciarsi andare alla visione ricordando le parole di un pittore citatissimo da Lynch, Edward Hopper: “Se lo puoi dire con parole, non è necessario dipingerlo”.
Noi, però, vogliamo immagini, non parole e David Lynch non chiede di meglio in questo viaggio avanti e indietro nel tempo con Cooper che nel penultimo episodio[vii] tende la mano a Laura Palmer prima che si diriga al festino dove sarà uccisa. Ecco tornare come in Strade Perdute, come in Mulholland Dr. l’immagine simbolo del nastro di Moebius con la trama che si ritorce su sé stessa mediante i due personaggi che s’incontrano da due diversi mondi annullando le distanze temporali: l’agente invecchiato di venticinque anni e la ragazza che sceglie di seguirlo. A questo punto l’immagine con cui iniziò tutto, il cadavere di Laura avvolto nella plastica scompare; Lynch ce la mostra come nel primo episodio di trent’anni anni fa per poi cancellarla digitalmente, rendendo onore al titolo del suo primo film: La mente che cancella (Eraserhead) e così ripartire con un’altra narrazione. Richard infatti è la nuova identità che assume Dale Cooper dopo aver varcato la soglia del Great Northern Hotel ritrovandosi catapultato in una dimensione temporale parallela che lo vedrà tornare in loop in un'altra Twin Peaks e forse Lynch ci sta dicendo che è sempre Judy ad aver la meglio e…stop! Come afferma David Bowie nell’ultima frase dell’ultima canzone dell’album Blackstar: “Non posso rivelarvi tutto”.
BOB viene spedito sulla terra da Judy
David(Lynch)Bowie
“How many times does an angel fall?”
(Blackstar, David Bowie)
Anche io come Jeffries/Bowie non vi voglio parlare di Judy, perché come dice il Gigante all’inizio lei è nella nostra casa ora, frase che allude ad un compito da portare a termine e che lascio alla vostra eventuale visione; vi voglio solo dire che nel 1995 David Bowie pubblicò un album dal titolo Outside[viii], un concept album dove ogni canzone corrisponde ad un personaggio e dove si parla del sacrificio rituale di una ragazza e di un investigatore. Sì, l’avete già sentita questa storia. L’album aveva questo interessante sottotitolo: The Ritual Art-Murder of Baby Grace Blue: A non-linear Gothic Drama Hyper-Cycle perché ci troviamo dentro una tematica tipicamente lyncniana espressa dalla parola: non-lineare.
“Un uomo canta una canzone tra questo mondo e un altro” rivelava lo spirito di Mike e chi meglio di Bowie/Ziggy Stardust poteva incarnare questa figura? Basti pensare al suo ultimo album Blackstar, pubblicato a due giorni dalla morte, in cui i richiami esoterici sono evidenti fin già dalla copertina del disco con la stella nera. Blackstar è il nome con cui gli occultisti indicano Saturno, il Sole nero che rappresenta l’unione tra mondo materiale e spirituale, il pianeta la cui unione con Giove permette l’apertura del varco per entrare nella Loggia Nera.
“Forse il concetto di base del materiale presente in Outside e dell'imminente nuovo millennio è questo nuovo paganesimo, questa ricerca di una nuova spiritualità che assilla molti di noi. Perché avendo ormai da tempo demolito l'idea di Dio grazie al triumvirato di inizio secolo costituito da Nietzsche, Einstein, e Freud, abbiamo demolito tutto quello in cui credevamo. La teoria della relatività, l'affermazione Dio è morto, il nostro Io che è fatto di diverse personalità...Wow, ma dove cazzo siamo finiti? [...] Mi chiedo se ci siamo resi conto che l'unica cosa che siamo stati in grado di creare di simile a "Dio" è stata la bomba all'idrogeno, questa nostra unica capacità di creare disastri, ha portato alcune persone a ricercare una nuova vita spirituale in comunione con la natura”. (David Bowie commentando 1.Outside).
L’uomo che cadde sulla Terra
Una nuova vita spirituale, come quella a cui appartiene la Scintilla divina la cui aura ci viene mostrata nel finale di Fuoco cammina con me con l’agente Cooper che all’interno della Loggia Nera poggia una mano sulla spalla di Laura mentre vediamo un angelo comparire nella stanza della Loggia. Non a caso mi vengono in mente le parole di una canzone di David Bowie tratta dall’album Station to Station (1976), World on a Wing: “Signore m’inginocchio e ti offro/La mia parola su un’ala/E mi sforzo con tutto me stesso/Di essere parte del tuo disegno”[ix].
La ragazza sta tornando a Casa dove l’attende la Luce, la stessa che scorgeva il padre mentre moriva - e pareva rivedesse la figlia che BOB gli aveva fatto uccidere - nelle braccia di Dale che lo accompagnava al Viaggio recitando le preghiere del Libro Tibetano dei Morti[x]. Ed è sempre Bowie che ci accompagna in questo viaggio con la sua Sunday, in un’impressionante sintonia con le tematiche di Lynch: “Nel tuo timore/Di ciò che siamo diventati/Avviati verso il fuoco/Ora dobbiamo bruciare/Salire insieme/Attraverso queste nubi”.
Nella monografia dedicata al cantante, Simon Critchley commentando la canzone, rimarca inconsapevolmente la vicinanza con il destino di Laura Palmer: “Soltanto dopo aver cancellato e annullato noi stessi, potremo forse risollevarci, salire attraverso le nubi. Lassù. All’apice della canzone entrambe le voci cantano lungamente all’unisono: As on wings”.
“Tanto gli Arconti quanto le entità maligne di Twin Peaks hanno bisogno di nutrirsi dell’uomo (…) ad attirare questi demoni è la scintilla di Spirito Divino che è all’interno degli individui. Non potendo catturare questa luce direttamente, sono costretti a nutrirsene in forma mediata tramite l’uomo, dal momento che si trova anche all’interno del suo corpo” (Paolo Riberi, Pillola Rossa o Loggia Nera? Messaggi gnostici nel cinema tra Matrix, Westworld e Twin Peaks).
Laura si prepara a tornare nella Dimora del Limite Estremo dopo il suo sacrificio.
Un uomo canta una canzone tra questo mondo e l’altro, diceva lo spirito Mike; mi piace immaginare che stesse parlando di Bowie. Nella sua monografia dedicata all’artista, Simon Critchley si riallaccia a mio avviso al mondo di Twin Peaks con queste ultime parole: “Forse Bowie ci dice che anche lui si trova in quello spazio, che la sua arte ha costantemente oscillato tra due regni, due mondi, senza appartenere del tutto a nessuno dei due. Bowie è morto e non è morto, Forse da sempre”.
“E’ successo qualcosa il giorno in cui lui morì
Lo spirito si alzò di un metro e si fece da parte
Qualcun altro ha preso il suo posto e ha coraggiosamente gridato:
Sono una Stella Nera, sono una vera Stella, sono una Stella Nera”
(Blackstar, David Bowie)
[Editing di Ornella Genua]
[i] Raccontare Lynch diventa complesso anche solo nello stilare le date salienti della sua carriera.
[ii] Nel documentario David Lynch: The Art Life il regista racconta che una delle sue massime gioie da
bambino era poter stare seduto in una pozzanghera sotto ad un albero.
[iii] Cognome che preannuncia come andranno a finire le cose.
[iv] Meriterebbe un capitolo a parte la narrazione sul complicato rapporto tra Kubrick e King, minato dalla loro
distanza in termini di adesione ad una visione spirituale del racconto.
[v] Un’ulteriore tangenza con Stephen King la possiamo trovare nel romanzo IT, con la cittadina di Derry che
incarna essa stessa il male, come Twin Peaks, e con la violenza dei boscaioli che ritorna ogni ventisette
anni.
[vi] Cfr. Paolo Liberi, Pillola Rossa o Loggia Nera? Messaggi gnostici nel cinema tra Matrix, Westworld e Twin
Peaks, Lindau 2017
[vii] Il cui titolo, The Past dictates the Future, rimanda ancora una volta al problema della temporalità in
Lynch.
[viii] Sempre da quest’album Lynch utilizzerà la track I’m deranged come incipit del suo Lost HIghways.
[ix] Come ricorda Simon Critchley nel suo Bowie (edizione italiana Il Mulino, 2014): “Station to Station (…)
rimanda alle stazioni della via dolorosa di Gesù a Gerusalemme (…) I testi di Bowie, impregnati di
esoterismo cabalistico, riguardano il passaggio tra il divino e l’umano, e la possibile divinità dell’umano, cioè
l’intera tragedia della Passione di Cristo”.
[x] La musica che accompagna l’ascesa di Laura è The voice of Love, composta da Angelo Badalamenti, fidato
collaboratore di Lynch nonché autore della famosa sigla di apertura della serie.