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REVIEWSLE RECENSIONI
28/06/2022
Brunhilde
27
Un concept album dedicato al Club dei 27, in cui teutonici Brunhilde dispiegano tutto il loro armamentario heavy punk, tra momenti riusciti e altri un pò prevedibili.

Giunti al quarto album in studio, dopo sette anni di carriera, i tedeschi Brunhilde tornano sulle scene con l’ambizioso 27, un concept album dedicato al leggendario Club dei 27, espressione giornalistica che si riferisce a un gruppo di artisti, in prevalenza cantanti, morti tutti all’età di ventisette anni, e di cui fanno parte figure iconiche come Brian Jones, Amy Winehouse, Kurt Cobain, Jim Morrison, Janis Joplin e Jimi hendrix, solo per citare i più famosi.

Ad aprire il disco, come a rimarcare l’omogeneità del progetto, sono le note sinistre di "Excerpts From Psalm 27", in cui una voce recitante declama i versetti del salmo biblico (il tema viene ripreso anche alla fine nell’altrettanto inquietante "The Book Of Revelation") dedicato al Trionfo della Fede (Il Signore è mia luce e mia salvezza). Un’intro dagli accenti orrorifici, che anticipa una scaletta assolutamente in linea con quelle che sono le consuete forme espressive della band: un aggressivo punk rock, in bilico tra derive metal e aperture radiofoniche, che consente di paragonare i Brumhilde ai primi Skunk Anansie e ai conterranei Guano Apes, due gruppi anch’essi guidati da figure femminili carismatiche come la vocalist Caro Loy, voce ruggente e bellezza luciferina.

Niente di nuovo sul fronte occidentale, per un disco prevedibile, a volte fin troppo, ma con alcuni momenti davvero riusciti. L’iniziale "Son Of A Gun" è una derapata di dinamico groove metal, che picchia duro e senza compromessi, a differenza della successiva e più debole "The Winner Takes It All", che inizia evocando i Korn, per poi perdersi in linee melodiche decisamente addomesticate.

Il brano nigliore del lotto è "Girl With 1000 Scars", rabbiosa e inquietante, con una notevole performance della Loy, a vestire i panni di una novella Nina Hagen. Un piglio punk metal, ribadito anche nell’oscura "Apartament 213" o nell’adrenalinica "SNAFU", due dei brani più riusciti di un disco, che trova momenti ispirati nelle aggressive linee sonore forgiate dalla chitarra di Kurt Bauereiss (il fulmicotone di "Eye For An Eye And Tit For Tat"), mentre altrove perde un po' di mordente, come in "Are The Kids All Rights?", brano dall’incedere monocorde, il cui ritornello, molto melodico, fa pensare a dei Cranberries in armatura metal.

Chiudono la scaletta, oltre alla citata "The Book Of Revelation", due cover, "The End" dei Doors, in una riuscita e spettrale versione per piano e voce, e una "House Of The Rising Sun" dal tiro heavy punk, il cui unico difetto è quello di essere un brano tanto inflazionato, da far provare quasi fastidio a riascoltarlo per l’ennesima volta.