20/20 Vision è una dichiarazione e un manifesto da diversi punti di vista e, come tutti gli slogan, porta sempre con sé una stratificazione di più significati. Il primo che giunge alla mente, complice l’anno d’uscita, è sicuramente quello di “visione del 2020” e quindi del nuovo decennio alle porte, con tutte i propositi e le speranze ad esso associate. Il successivo, invece, è forse meno noto ai non-anglofoni, perché in realtà, letteralmente, “20/20 vision” è ciò che noi definiamo “una vista da dieci decimi”, e quindi una capacità di vedere perfettamente.
In questo caso, quello che vediamo chiaramente attraverso gli occhi degli Anti-Flag, è quindi sia lo scenario di ciò che è il nostro presente alle soglie del 2020, sia l’orizzonte verso cui dovrebbero tendere i nostri sforzi in vista dei prossimi decenni.
La situazione che ci troviamo a vivere ad oggi, ovviamente, non è delle migliori. Certo, il genere umano ha subito dittatori, guerre, pestilenze e discriminazioni peggiori, ma il fatto che nel 2020 possano ancora esserci politici e presidenti come Trump, che inneggiano all’odio reciproco e alla divisione, che possano esserci ancora una quantità imbarazzante di stupri e discriminazioni sulla base del sesso, della religione, dell’etnia o dell’orientamento sessuale o che ci possa essere ancora un altissimo numero di poveri, non può essere accettabile.
Ormai siamo così abituati a tutto questo che la reazione della persona media è qualcosa del tipo: “eh sì, si sa, che ci vuoi fare, è così”. La rassegnazione. Il seme della sconfitta e dell’immobilismo. L’ineluttabilità.
Bene, molto bravi, complimenti. Ma la risposta degli Anti-Flag e delle tante persone che li seguono e che credono nel loro messaggio è un’altra. È quella che ti dice ok, non è solo la politica o l’economia, ma l’intero sistema che non funziona e genera discriminazioni, disuguaglianze e intolleranze. Da soli non possiamo fare nulla, forse non lo possiamo nemmeno insieme o non lo possono nemmeno le persone ai vertici, ma non moriremo stando zitti e subendo. Ci alzeremo in piedi, ci uniremo e lotteremo per quello che sappiamo essere giusto, cercando a tutti costi di rendere il mondo migliore, anche solo un pezzetto, anche solo per una persona, anche solo per un attimo.
Questa battaglia o fiduciosa missione, è portata avanti dagli Anti-Flag ad ogni disco e in special modo negli ultimi tre album, ovvero American Spring (2015), American Fall (2017) e nell’odierno 20/20 Vision (2020), in cui alla “semplice” risposta combattiva o commento impegnato sui grandi e piccoli eventi della storia (americana ma non solo), si aggiunge preponderante la consapevolezza dell’importante dimensione dalla comunità e del ruolo giocato dall’empatia.
In 20/20 Vision, nello specifico, viene utilizzata una struttura e una ripartizione di equilibri sonori più simile a quella sperimentata con American Spring, in cui si prosegue con l’utilizzo di melodie spesso più commerciali e tracce ricche di cori (perfette per i live), alternate a canzoni in cui emerge un sound più duro e diretto, come le bellissime “Hate Conquers All”, “A Nation Sleeps” e “You Make Me Sick”. Degne di menzione anche “The Disease”, una di quelle tracce da cantare con il cuore in mano e il pugno alzato e l’inno più ottimista e positivo possibile, che non poteva avere miglior titolo di “Don’t Let The Bastards Get You Down”.
Meno fortunate invece le ultime due tracce dell’album, “Un-American” e “Resistance Frequencies”, dove la prima è una traccia acustica legata alla tradizione del country rock americano (che avrebbe potuto essere la giusta conclusione), mentre la seconda è invece un finale che depotenzia ulteriormente i toni e le intenzioni dell’album, giocando un po’ troppo con fiati e cori e chiudendo in maniera un po’ mediocre un disco altrimenti ben riuscito.
In ogni caso, a conti fatti e al netto di tutto, quello che si genera con gli album, le canzoni e i concerti degli Anti-Flag è un incredibile incrocio di stimoli positivi.
C’è la consapevolezza, perché attraverso i loro testi vengono citati tutta una serie di riferimenti ad eventi di attualità (prevalentemente americana), cause che necessitano di essere sostenute o temi che meritano di essere conosciuti.
C’è la curiosità e la voglia di approfondire, stimolata nei loro album dalla rassicurante e imperitura presenza di spiegazioni e bibliografia allegata, di modo che si possa avere l’occasione di conoscere meglio ogni concetto trattato, affidandosi a chi ne sa più di loro.
E infine c’è la voglia di combattere e di sentirsi per davvero parte di un’unica grande famiglia, sensazione che si incorpora ogniqualvolta si sperimenta l’esperienza di un loro concerto, quando si canta in coro, si salta, balla e poga e si arriva al momento in cui la band invita a presentare se stessi ai vicini, di modo che si possa uscire dalla serata facendosi sempre nuovi amici.
Forse né ognuno di noi né gli Anti-Flag stessi potranno mai sconfiggere le ingiustizie del mondo, ma questi ragazzi di Pittsburgh, Pennsylvania, da almeno 25 anni girano il mondo e (per almeno altrettanti) continueranno costantemente e imperturbabilmente a cercare di usare la loro vocazione e la loro incrollabile passione per convincere le persone a prendersi più cura di se stessi e di chi è attorno a loro.
Album dopo album, canzone dopo canzone, concerto dopo concerto, Justin, Chris #2, Chris Head e Pat continueranno a darci la forza per alzarci, rimettere insieme i pezzi, capire, urlare, tirare di nuovo fuori l’ottimismo e crederci di nuovo, creando occasioni per focalizzare tutta la nostra energia per generare qualcosa di positivo, per noi e per il mondo.
Noi non ci arrendiamo. E tu?