L’atteso EP d’esordio della indie-rock band pugliese, registrato al REH Studio del Mat di Terlizzi con la supervisione e il mixing di Dario Tatoli (aka MAKAI) è disponibile da oggi.
"1984" è il ritratto delle prime mosse in termini compositivi della band, un breve manifesto stilistico, uno specchio sui contatti umani e sul tramonto delle illusioni, sull'amore e la sofferenza che gli appartiene.
"1984" è biglietto da visita, marchio di un’esperienza in costante crescita, quale è quella dei Warmhouse e della loro ricerca. L’indole rock è trasfigurata per tramite di drum machines, limpidi veli chitarristici e declamazioni baritonali, in un disegno di chiare tinte indie e brit che apre ad accenni elettronici, impalcature su un suolo a metà strada tra il mondo inglese e quello americano. "1984" non è solo manifesto stilistico, ma anche resoconto della prima stagione dell’età adulta, diario di viaggio della giovinezza, del tramonto delle illusioni e lasciapassare per la maturità, umana ed artistica, nel solco tracciato dalle lyrics del disco.
Un annuncio in bacheca. Una vecchia Casio-Tone anni ‘80 a un prezzo stracciato, buone condizioni. Nient’altro. A ben vedere, invece, nell’involucro di cartone ci trovi anche un quaderno ingiallito, con delle poesie, versi di amore, prigionia, rimorso, violenza, in una parola: inquietudine. Sono tutte datate 1984, i luoghi sono alcune città sparse per l’Inghilterra, Manchester, Liverpool, e sono firmate da un tale Patrick R. Non è che un testamento involontario, i Warmhouse scelgono i versi dell’ignoto autore d’oltremanica per i loro brani e ne esce un disco vigoroso, intenso, crudo. Ogni brano è una tappa di un tour nella terra del ricordo, le atmosfere riecheggiano la new-wave allora appena neonata, il fermento artistico delle province operaie, il fremito delle prime etichette indipendenti e la vecchia Casiotone, fedele, osserva i musicisti scrivere, le chitarre sferragliare.