Quando scrivo di persone celebri, più che in altri casi, posso solo cercare di offrire un punto di vista degno di considerazione, non necessariamente e totalmente alto[1] e di certo frammentario.
D’altra parte, il fra perentesi del titolo arriva anni dopo[2] la canonizzazione di Francis Bacon come “mio” secondo artista contemporaneo (che mi pere termine più esatto di “moderno”); l’altro è Piero Manzoni.
Dichiaro anche, e subito, che i due quadri di Jenny Saville scelti come copertine di The Holy Bible e Journal For Plague Lovers dei Manic Street Preachers[3], con evidenza devono molto a questo Maestro del ventesimo secolo, un altro (come Oscar Wilde) nato a Dublino ma poi vissuto a Londra[4].
Il fatto che egli sia uno degli artisti le cui opere sono fra le più quotate (e parliamo di decine di milioni di euro per un suo quadro) non rende Bacon di per sé grande.
Inoltre, non credo sia possibile identificare solo pochissimi quadri come suoi capolavori, data anche una sua nota abitudine a riprendere certi temi più volte, quali la serie di dipinti su cardinali e papi e le sue crocefissioni (era ateo); ben conosciuta agli appassionati quella, formale più che stilistica, di aver dipinto numerosi trittici e dittici (oltre a una certa ripetitività dei soggetti).
Nemmeno la sua dichiarata omosessualità[5] può essere una caratteristica da valutare positivamente ad ogni costo, cioè senza altro aggiungere. (Diffido di tutto ciò che è smaccatamente corretto: politicamente, sessualmente, nutrizionalmente. Questa correttezza è solo un modo per ribaltare aprioristicamente valori e giudizi. Ognuno deve decidere da solo).
E neanche la sua frequentazione di Soho e la sua amicizia con Jeffrey Bernard.
Amava la corrida (nei titoli dei quadri “bullfight”), cui dedicò diversi suoi “studi”.
Ma nella sua produzione, anche quantitativamente non avara (pur se distrusse molto di quanto creato agli inizi della sua arte), ciò che si nota è questo rendere le persone non solo come spesso distorte nei visi, ma quasi come se i loro corpi fossero a vivo, cioè appunto scuoiati.
Forse quel che più affascina di questo pittore, fuori dalla sua opera, è l’uso molto accentuato delle fotografie e di materiali stampati in genere, suoi veri strumenti di lavoro (tanto che dei suoi modelli spesso utilizzò fotografie, anche commissionate ad hoc), inclusa la loro degenerazione materiale.
Per vedere un ampio spettro di tutto ciò occorre, anche, conoscere il suo studio di pittore. Sembrerebbe impossibile, se non fosse che il 7 di Reece Mews, a South Kensington, non è solo l’indirizzo di un edificio che anticamente ospitava delle scuderie, ma una sorta di sancta sanctorum (fu anche casa sua dal 1961 al 1992, pur se negli anni Settanta soggiornò molto a Parigi) che, anni dopo la morte di Bacon[6], è stato trasferito pezzo per pezzo quanto a contenuti presso la Hugh Lane Municipal Gallery della natia Dublino ed è oggetto anche di monografie.
Dunque un artista urbano, carnale, e paradossale: dalla sua generosità per tutti in vita (e da qui la scelta di non avere un solo erede, il suo ultimo amore, l’analfabeta John Edwards[7]) alla sua “pubblicità” in quanto esistono molte sue interviste.
“When I’m dead, put me in a plastic bag and throw me in the gutter”[8]
[1] Si può non condividere la frase che funge da sottotitolo di questo blog e che è, curiosamente, fra le più ricordate in riferimento a Bacon.
[2] Dopo la mostra di Milano, a Palazzo Reale, del 2008. Ho un ricordo completamente distorto di quella mostra: un senso di spaesamento del visitatore che induceva ad una perdita d’intensità delle opere. Il risultato fu che non comprai il catalogo, bensì acquistai giorni dopo il DVD, fondamentale (ma pare oggi piuttosto costoso), del documentario Bacon’s Arena. In verità, il catalogo (che ora posseggo nella versione meno comune con copertina cartonata) è fatto molto bene, e frammenti del predetto documentario erano proiettati nel corso della mostra.
[3] I miei due album preferiti di questo gruppo, ma questo è un altro argomento. Soprattutto la copertina del primo è non gradevole come spesso sono i quadri di Bacon. Per un riferimento a lui dei Manic Street Preachers si rinvia a “The Everlasting”.
[4] Vogliamo chiamarli Anglo-Irish?
[5] Un’ingenuità in uno dei bonus a Bacon’s Arena è l’affermazione “lo era quando era vietato esserlo”. Non si è omosessuali solo quando è consentito, semmai si dichiarava tale quando era vietato dichiarare proprie pratiche omosessuali.
[6] Il 28 aprile a Madrid, d’infarto dopo breve ricovero in ospedale per una polmonite aggravata. Era nato il 28 ottobre del 1909.
[7] Il pittore soffrì molto quando morì nel 1971 per cause legate ad alcool e stupefacenti il suo allora compagno George Dyer. Entrambi sono stati soggetto di quadri del pittore.
[8] Francis Bacon a Ian Board, come citato a pagina 1 della biografia “ufficiale” scritta da Daniel Farson: The Gilded Gutter Life Of Francis Bacon. Molti preferiscono quella di Michael Peppiatt: Francis Bacon: Anatomy of an Enigma.