Questa recensione, volente o nolente, è abbastanza strana. Perché il disco in questione è uscito proprio il giorno in cui i New Order hanno suonato a Lucca, in compagnia degli Elbow, nella splendida cornice di Piazza Napoleone (possiamo dire tutto quello che vogliamo sul Lucca Summer Festival, dai prezzi al dubbio criterio artistico nell’assemblare il cartellone, ai prezzi spesso e volentieri troppo alti, ma la location è di quelle imbattibili) e per forza di cose la prospettiva ne viene influenzata.
Essenzialmente la questione è la seguente: il concerto di venerdì sera è stato pazzesco, probabilmente uno dei migliori dell’anno, per quanto mi riguarda. I New Order hanno dimostrato una volta per tutte di non essere semplicemente una band del passato (nonostante nel merchandising campeggiasse una maglietta di “Unknown Pleasures”, nonostante un set con diversi brani dei Joy Division e le foto di Ian Curtis proiettate sullo schermo) ma di avere ancora parecchio da dire ai nostri tempi. Non solo per un disco come “Music Complete”, che quattro anni fa spazzò via tutto e tutti e che ora più che mai regge la prova del tempo (bastava ascoltare la versione di “Singularity” che ha aperto il concerto) ma anche perché dal vivo hanno saputo reinventarsi, con una potenza ed un’attualità di suono che non diresti mai, in una band con trenta e passa anni di storia sulle spalle.
Tutto questo per dire che un live album come quello che abbiamo tra le mani, non andrebbe liquidato troppo in fretta con la sbrigativa affermazione: “La solita roba”, ma ascoltato con attenzione e studiato per l’opera d’arte che è.
Vero che nella nutrita discografia dei britannici i dischi dal vivo abbondano e che, dal punto di vista strettamente numerico, non se ne sentirebbe effettivamente il bisogno. Chi volesse avere una testimonianza esaustiva dello stato attuale di Bernard Sumner e compagni potrebbe tranquillamente ripiegare su “NOMC15” di due anni fa, testimonianza del tour di “Music Complete”, con scaletta corposa e resa eccezionale.
Questo qui però è molto diverso, non è un doppione ed è ugualmente indispensabile. Nel 2018 la band si è esibita per quattro serate a Manchester, performance commissionate dal Manchester International Festival.
Non era obbligatorio per loro preparare un live set (i Massive Attack, per esempio, l’anno prima avevano messo in piedi un’installazione) ma hanno voluto farlo e i risultati sono stati eccellenti. Accompagnati dall’artista visivo Adam Gillick e da un’orchestra di dodici Synth, suonati da allievi della Royal College of Music, hanno messo in piedi una performance di livello assoluto, che è andata in scena nella loro città natale, davanti ad un pubblico più esiguo di quello a cui sono abituati, e che è stata poi replicata a Vienna e a Torino.
Il disco in questione è una sorta di best of delle serate mancuniane, ed è praticamente identico, nell’impostazione generale, a quello che abbiamo visto qui da noi lo scorso maggio (ci sono giusto due canzoni in più e cambia l’ordine di alcuni brani), tanto che chi c’era quella sera lo può utilizzare come un perfetto strumento per rivivere quello che fu davvero un concerto memorabile.
Non è il solito live dei New Order, insomma. Innanzitutto perché la presenza dei Synth ha rappresentato un’occasione per riarrangiare il repertorio: non c’è però quella ridondanza che ci saremmo aspettati; al contrario, tutto risulta molto sobrio, a tratti addirittura scarno (ricordo che anche a Torino mi fece quell’effetto), con l’ensemble che costituisce la componente principale solo in alcune occasioni, tra cui le due strumentali “Times Change” (che non lo è ma è stata usata in questa versione per aprire il set) ed “Elegia”, qui proposte in versioni effettivamente orchestrali.
Il resto è una selezione di brani piuttosto lontani da quelli che in genere costituiscono le classiche setlist dei nostri. Ci sono pezzi storici che però non venivano suonati da una vita (“Vanishing Point”, “Ultraviolence”, “Dream Attack”, “Shellschock”), canzoni “minori” da dischi sottovalutati (“Who’s Joe” e “Guilt is a Useless Emotion” da “Waiting for the Siren’s Call”), rarità ripescate per l’occasione (“All Day Long” ma soprattutto “Behind Closed Doors”, bside di “Get Ready”, del 2001), perle dal repertorio dei Joy Division mai troppo valorizzate dal vivo (“In a Lonely Place” e una “Decades” letteralmente da brividi). In mezzo, giusto per rassicurare i fan più tradizionali, arriva pure qualche classicone tipo “Bizzarre Love Triangle” o “Your Silent Face”, piuttosto che una sempre efficace “Disorder”. Sono gocce nel mare, però. Le varie “Blue Monday”, “The Perfect Kiss”, “True Faith” e cose così risultano assenti e sorte medesima viene riservata all’ultimo disco, rappresentato dalla sola “Plastic”. È evidente che i New Order abbiano approfittato dell’occasione per mostrare una faccia meno conosciuta ma altrettanto valida della loro produzione, utile soprattutto a far cambiare idea a chi ancora li considera un gruppo che ha prodotto qualche ottimo singolo e niente più.
Il risultato, lo abbiamo già detto, è superlativo: 90 minuti abbondanti in cui si capisce come, dalla promessa mancata che furono i Joy Division, potesse nascere una band che, sfidando tutti gli azzardi del caso, dal cambio monicker alla radicale svolta sonora, riuscì a diventare una delle realtà musicali più importanti del XX secolo. Con la chitarra di Bernard Sumner, qui più magnificente che mai, ad influenzare generazioni di artisti nei decenni successivi.
Un live monumentale, che riesce nell’ardua prova di essere destinato veramente a tutti: ai neofiti del gruppo, che avranno la possibilità di cominciare dal lato meno conosciuto e a tratti più sofisticato della loro discografia, ma anche ai veterani e ai completisti, perché si tratta di una performance unica, che non ha nulla in comune con i diversi dischi dal vivo usciti fino ad ora. E si merita il massimo dei voti perché davvero non so che altro si potrebbe fare, con una tale ricchezza di materiale ed un’esecuzione così convincente.
A questo punto serve solo un altro disco di inediti per ribadire il concetto ma per come sono carichi in questo periodo, non credo dovremo attendere molto.
E forse per una volta occorre scriverlo: bellissimo che ci siano tante giovani band, brave e motivate, ne ascolto ogni giorno e mi piace segnalare quelle che mi colpiscono di più. Poi però arrivano loro e spazzano via tutti. Ed è assolutamente splendido che accada ancora.