A vederlo quasi non ci si crede, eppure K-19 di Kathryn Bigelow è un film indipendente che non vanta nella sua produzione il coinvolgimento di nessuna major cinematografica; forse di questa scelta il film paga un po' lo scotto (sul versante spese/incassi) in quanto la storia di questo sottomarino russo, ispirato alla vera vicenda del K-19 sovietico, si rivelò essere una delle più costose produzioni indipendenti della storia che chiuse al botteghino con un ammanco non proprio trascurabile pur essendo a tutti gli effetti un ottimo film realizzato con tutti i crismi del caso.
Parlare di K-19 offre anche l'occasione di rimarcare, se ancora ce ne fosse bisogno, l'importanza di una regista come la Bigelow nel panorama del cinema moderno, una sorta di precorritrice (certo, non la sola e non la prima), esempio per tante professioniste donne nel cercare il proprio spazio in un settore oggi di sicuro più aperto alle pari opportunità e alle registe di talento, ma che fino a un po' di anni addietro era innegabilmente a trazione in gran parte maschile.
Inoltre la Bigelow si muove, facendosi peraltro molto apprezzare, all'interno di diversi generi che per convenzione (e con faciloneria) si legano spesso al genere maschile: pensiamo al thriller-action Point break con Reeves e Swayze divenuto un piccolo cult, o al fantascientifico Strange days e al war-movie The hurt locker (le vale l'Oscar a "miglior regia", prima donna a riceverlo in assoluto), film che insieme ad altre cose come questo K-19 o a Zero dark thirty hanno contribuito a formare tasselli di immaginario cinematografico tra gli anni Novanta e il primo decennio del nuovo secolo.
Con K-19, a prescindere dall'insuccesso commerciale che non è imputabile a una cattiva riuscita del film, la Bigelow dimostra di saper gestire molto bene anche una produzione importante.
Lo scenario è quello della guerra fredda: l'Unione Sovietica sta affrettando le operazioni di costruzione del sottomarino K-19, un sommergibile dotato di razzi a testata nucleare da lanciare in fase di emersione. Il veicolo non nasce con la volontà di offendere, nelle intenzioni di Mosca c'è quella di usarlo come deterrente, un modo per far sapere agli americani, già in possesso di qualcosa di simile, che anche l'Unione Sovietica è pronta e attrezzata, in caso di pericolo e conflitto non si farebbe trovare impreparata neanche sul versante sottomarino nucleare.
Per questioni di costi e materiali scadenti, uniti alla fretta di Mosca nel dover mettere in mare il K-19, il veicolo non è però esente da difetti, il comandante Mikhail Polenin (Liam Neeson) non manca di far sentire la sua voce in difesa della sicurezza dell'equipaggio e per questo viene declassato a secondo in comando e sostituito dal comandante Alexei Vostrikov (Harrison Ford).
Il nuovo ufficiale è un uomo molto preparato e sul quale si può contare, è però decisamente più esigente con l'equipaggio e meno amato del precedente ufficiale in comando, questa situazione non mancherà di creare tensioni quando il K-19 prenderà il mare in condizioni già difficili di per sé. Durante le manovre volte a portare il mondo a conoscenza dell'esistenza del sottomarino qualcosa andrà maledettamente storta...
K-19 è fatto della materia di cui sono fatti i classici film d'avventura hollywoodiani; nella struttura narrativa la Bigelow in questo caso non porta nulla di innovativo al genere ma confeziona un film solido nel quale salta all'occhio il transfer del noto eroismo americano verso un cast di protagonisti tutti russi (anche se interpretati da attori perlopiù statunitensi o britannici). Gli elementi fondanti sono quindi l'onore, la fratellanza tra compagni, il senso del dovere verso Patria e colleghi, anche verso il mondo intero a tratti, e poi coraggio e riscatto, dedizione e fedeltà, tutte qualità appannaggio degli storici avversari degli Stati Uniti d'America.
Come per il suo ex marito James Cameron, anche la Bigelow sembra amare le ambientazioni che hanno a che fare con l'acqua (Point break, La forma dell'acqua, K-19) anche se qui la fanno da padrone le riprese negli spazi strettissimi del sottomarino, in questo la Bigelow compie un lavoro di grande precisione e dinamicità, i movimenti collettivi degli attori sono una vera danza, non sono mancate le difficoltà in fase di realizzazione durante la quale la troupe dovette preoccuparsi di nascondere tecnici e telecamere dato il poco spazio di manovra a disposizione.
Tanta camera a mano, riprese mobilissime, aperture negli spazi ghiacciati del Nord come defaticamento, tutto realizzato con la dovuta perizia. K-19 gode di una bella tenuta anche a livello emotivo grazie all'eroismo e al sacrificio di soldati, uomini, che a costo della loro vita hanno evitato un'incidente che avrebbe potuto rivelarsi portatore di conseguenze nefaste a causa di uno sconsiderato utilizzo del nucleare.
Del vero equipaggio del K-19 almeno otto membri morirono nelle settimane successive all'incidente narrato nel film a causa delle radiazioni assorbite a bordo del sottomarino. A differenza di quanto detto da qualche critico il cast occidentale offre una buona prova nei panni di questi soldati russi, qualche spettatore potrà sentire il profumo di retorica qua e là ma nel complesso K-19 rimane un ottimo prodotto di intrattenimento ben girato e ben interpretato.