Destino carogna quello dei fratelli, uno dei due spesso subisce l’ombra proiettata dalla statura del germano.
Chi ricorda Ron Asheton rammenta anche Scott solo perché entrambi erano nei The Stooges.
I Pilade ed Oreste della mitologia greca sono cugini.
Un cantante italiano parte del Clan di Celentano chiamato Pilade (Lorenzo Pilat) interpretò nel 1965 la versione italiana di “Charlie Brown”[1]: un testacoda pop che lega in modo curioso Oreste e Pilade Del Buono.
Qualcuno, addirittura, si inventò “OdiBò”, contrapposto a “OdiBì”, e allora si pensò a chissà cosa.
No: Oreste Del Buono e Pilade Del Buono, fratelli, entrambi giornalisti, sono due, appunto; Pilade era anche il nome del nonno paterno (dilapidatore di patrimoni) e Oreste quello dello zio paterno mai conosciuto (siccome premorto ai nipoti).
Pilade Del Buono, il minore dei due, è stato un eminente giornalista sportivo e amico di Beppe Viola, negli anni più recenti è tra i tedofori della fiamma di Gianni Brera.
Oreste Del Buono rimane, per molti di quelli che lo ricordano (morì il 30 settembre 2003), solamente il direttore del mensile[2] Linus. Nulla di più sbagliato.
Secondo una recente tesi di Pierluigi Battista, egli era “uno dei grandi cultori dei filoni letterari tenuti ai margini dagli intellettuali sussiegosi”[3].
Ma questo è un giudizio ex post; allora, un quarto di secolo fa, il diretto interessato sintetizzava: “mi sono sempre occupato di cose futili, il fumetto, il fotoromanzo, il giallo, il rosa, il nero, la fantascienza”[4].
Il maggiore dei Del Buono era un uomo non tanto alto (del proprio aspetto non particolarmente attraente non ha mai fatto mistero); era uno di quegli uomini che ancora – ancora perché oggi capita davvero raramente – trovavano ovvio vestire con giacca e cravatta quasi sempre; quelle giacche e quelle cravatte non dicevano nulla[5].
Faceva anche parte delle persone con “l’incarnato milanese”: quel pallido che sembra anche leggermente grigio, sebbene egli fosse nato in Toscana e per di più al mare (vedi anche il Notaio Franco Cavallone).
Scriveva, scriveva, non come quella “macchina” di Giorgio Scerbanenco a cui forse proprio lui aveva attribuito la capacità di diventare una creatura antropomeccanica, ma OdB scriveva: da giornalista, da autore (che in Italia è sinonimo di scrittore letterario) e da prefatore.
Poi, evidentemente, dirigeva: pubblicazioni oppure collane editoriali.
La sua vita, rispetto ad altri del mondo delle arti, credo si possa suddividere così: quelli che a lui devono (spesso molto) in vita e quelli che a lui devono di non essere dimenticati; poi c’è anche qualche eccezione[6].
Fra i primi, campeggiano nei fumetti Hugo Pratt[7] e Andrea Pazienza. Fra i secondi rammento Umberto Simonetta, Scerbanenco, un poco anche Gianni Brera.
Su un sito dedicato ai “nativi” dell’Isola d’Elba sono riportati due articoli che mi sento di segnalare: un profilo biografico e un’intervista[8]. Dovrebbero bastare per chi desidera qualche riferimento in più.
(Saluto ovviamente Pilade, che non mi conosce di persona[9], ma conosce bene mio papà anche perché hanno lavorato insieme a Il Giorno).
E per concludere, l’amara ironia è una sola: Oreste Del Buono rischia di essere dimenticato per un motivo davvero circolare: non c’è nessun OdB che si premura di ricordarlo[10].
POST SCRIPTUM
Qualche giorno dopo aver ultimato il post, ho reperito, fortunatamente a un prezzo da libro usato, il volume di Del Buono intitolato Amici, amici degli amici, maestri …
Nell’elenco dei profili che lo compongono rinvengo fra gli altri: Beppe Viola, Giancarlo Fusco, Dino Buzzati, Giorgio Scerbanenco. Does it sounds familiar?
[1] Canzone del 1959 non collegata al personaggio creato da Charles M. Schultz, scritta da Jerome “Jerry” Leiber e Mike Stoller e interpretata innanzitutto da The Coasters.
[2] Adesso la periodicità è quel che è, e anche nei contenuti i paragoni non si possono fare.
[3] La Lettura, 29 settembre 2013, p. 4. Vorrei sapere quali sono, o furono, gli altri, in quanto l’impressione è che sia difficile raggrupparli.
[4] La vita sola, Venezia, Marsilio Editori, 1989, p. 139. Mi vengono in mente Carlo Fruttero e Franco Lucentini.
[5] Come non hanno mai detto nulla quelle di Umberto Eco, che predilige(va?) il cosiddetto blazer all’italiana ovvero la giacca blu scuro ma senza bottoni di metallo.
[6] “Scriveva anche ‘sui muri’, Beppe, per dire che le collaborazioni non mancavano. Teneva molto alla rubrica su Linus che gli aveva imposto Oreste del Buono, per lui soltanto fratello del suo amico Pilade”: così scrive Sergio Meda in “Beppe Viola, giornalista” su Panorama, nel 2012.
[7] Rammento una fumosissima sera al Hotel Napoleon di Lucca in cui, circostanza rara, HP e OdB erano persone fra loro pari. Quando Del Buono lasciò la direzione di Linus, invece, tutta la redazione del mensile divenne una corte di ammiranti donne che pendevano dalle labbra del Maestro di Malamocco.
[8] Rispettivamente le stringhe sono: http://elbaisoladipoetienarratori.blogspot.it/2013/02/oreste-del-buono-genio-e-carattere-di.html e http://elbaisoladipoetienarratori.blogspot.it/2013/06/oreste-il-guastafeste-del-buono-lenfant.html.
[9] Come “figlio di” pensò, esattamente, di identificarmi per il mio necrologio per Ayrton Senna Da Silva nel 1994.
[10] Ripubblicandolo al di là di quanto fatto, un poco malinconicamente, nel numero del redivivo Linus di settembre 2013 dove c’è qualche suo scritto, ma davvero poco e tratto da un unico volume (il già citato La vita sola). Mentre il primo Antimeridiano dedicatogli rischia di essere un monumento letterario poco visitato dai lettori e comunque incompleto a causa del suo rigore cronologico e filologico.