Questi tre verbi credo sintetizzino bene l’indole italiana verso i propri esponenti, indole che conduce – volontariamente o negligentemente poco importa – a dei risultati avvilenti.
È l’opposto di ciò che accade in Francia (e che viene etichettato come grandeur ma in realtà è amor patrio).
Gli esempi sono cosi tanti da trasformarsi in lista della spesa, quindi cito in modo personalissimo e puramente esemplificativo:
Calibri più pesanti? Due per tutti il Futurismo e Gabriele D’Annunzio abilmente etichettati come fascisti senza grandi approfondimenti per decenni.
Ma ci aggiungo anche quegli “imperdonabili” omosessuali (per di più comunisti!) di Pier Paolo Pasolini e Luchino Visconti (il quasi-monopolio felliniano fra i registi mi ha sempre dato fastidio).
Affonda la nazione fra Activia, Danaos, Danacol, Viagra[2], immancabili bottiglie da mezzo litro di acqua minerale, Camilleri ed altri autori da pallet di supermarket librari, Gazzetta dello sport, palestre ad usum avventure da una notte, partite a calcetto che strappano i tendini, eccetera.
Per essere giovani in Italia ed apprezzati si deve essere vecchi (i giovani trentaseienni? Per piacere![3]), apparentemente eterosessuali, possibilmente sposati e dichiaratamente “credenti” (curiosamente sinonimo di cattolici).
Naturalmente ignorando l’istituto giuridico del divorzio e la legalità dell’aborto (come se le donne si divertissero...); nel senso di far ricorso ad entrambi, ma senza dichiararlo.
Dichiararsi pentiti qualora si siano assunti stupefacenti[4].
La statura gigantesca di Fausto Coppi è data proprio dalla sua sregolatezza rispetto al canone ipocrita dell’epoca.
Da neo-vecchi (dopodiché si passa da finto-giovani ad autorevoli-in-eterno[5]) o da morti sono più facili i successi o i recuperi in ambito nazionale.
Anche l’appiattimento politico facilita le cose.
Tutto ciò ovviamente vale per i coraggiosi che cercano di farsi strada con il proprio talento.
Perché in Italia le doti più preziose per avere successo pare siano un talento modesto e un cognome già conosciuto nel settore in cui si vuole operare.
È evidente che non scrivo nulla di nuovo, ma solo con la coscienza costante della situazione si può cercare di fermare questa discesa infinita verso un pessimo che (contraddittoriamente sotto un profilo linguistico) sembra irraggiungibile.
[1] Senza blasfemie musicali, e poi da che cassetta della frutta proverrebbero…, lei avrebbe potuto duettare con David Bowie nel 1973/75 con risultati alla Cher. Del resto, Amanda Lear è in “The 1980 Floorshow” dell’ottobre 1973.
[2] Per ingentilire questo passaggio ho preferito indicare prodotti anziché patologie/disfunzioni cui sono destinati.
[3] Prendete un’arte che vi piace, poi fate una tavola sinottica non per anni ma per età: senza scomodare Stevie Wonder, considerate ad esempio cosa aveva già “fatto” Boris Vian quando morì a 39 anni.
[4] Fanno riflettere le affermazioni degli invitati al David Letterman Show (mal sottotitolato lo potete seguire su uno dei canali RAI digitali): persino Courtney Love pare più umana quando racconta cosa ha passato per disintossicarsi.
[5] Qualcuno, fuori dal coro, recentemente ha criticato certe traduzioni dall’Inglese nordamericano di Fernanda Pivano. Eccezione, appunto.