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MAKING MOVIESAL CINEMA
The Square
Ruben Östlund
2017  (Teodora Film)
COMMEDIA DRAMMATICO
all MAKING MOVIES
01/12/2017
Ruben Östlund
The Square
Come quell'arte di cui si prende gioco, ha in sé tante sfumature, tanti significati, tanti concetti e metafore per parlare dell'oggi, dell'imparità tra ricchi e poveri, di una società cieca e avvolta nella bambagia, ma come sempre, come l'arte più distante, si dimentica del pubblico e di comunicare meglio il suo messaggio.

Siamo a Stoccolma, il direttore creativo del museo d'arte contemporanea è chiamato a gestire l'apertura di una nuova mostra, che ha il suo punto forte in The Square, un semplice quadrato, all'interno del quale ognuno ha gli stessi diritti e doveri dell'altro.
C'è da presentarla ai finanziatori abituali, c'è da presenziare a cene e feste, ci sono da tenere interviste, c'è soprattutto da promuoverla con una campagna di marketing efficace.
Ma la vita ci si mette di mezzo, e in quella che potrebbe sembrare una performance/provocazione, Christian viene derubato di portafoglio e telefono, e decide come fosse uno scherzo, di rispondere, minacciando tutta una palazzina ai margini di Stoccolma - dove il suo telefono viene localizzato - per vedersi restituire il mal tolto.
La trama di The Square, a grandi linee, è questa.
C'è di mezzo una "storia d'amore", che in realtà è la storia di una notte e via, di un invaghimento che sconfina nel potere, c'è una paternità messa in dubbio da un comportamento non certo esemplare di fronte e nei confronti di due figlie, c'è soprattutto il rimarcare la presenza di mendicanti, ai margini del mondo snob ed elitario dell'arte, che chiedono soldi, cibo, attenzione.
Ma ci sono soprattutto innumerevoli performance, prese di sana pianta dalla realtà, da opere già esistenti, ci sono riferimenti ad artisti famosi (o almeno, famosi per gli esperti del settore) ci sono situazioni paradossali in cui davvero non si capisce cosa si sta vedendo, in cui la sottile linea ironica della realtà (seppur di finzione) e della provocazione, sfumano.
E ci si ritrova come quel pubblico, chiamato a fissare immobile la performance in atto di un artista che si finge scimmia: si ride, sonoramente e sotto i baffi, si sorride al vicino, complice di visione, ma poi, quando la soglia viene superata, quando quell'artista dimostra di non avere limiti, di potersi spingere sempre più in là, qualcosa inizia a stridere, gli occhi, tra l'imbarazzo e la paura, si abbassano, non si sa che reazione avere, come comportarsi, imprigionati da una performance che sembra non avere fine, chiedendo pietà, basta, di non essere le prossime vittime.
Meno drammaticamente, si sa che The Square una vera e propria fine, così come una vera e propria trama, non la poteva avere e non ce l'ha.
Come quell'arte di cui si prende gioco, ha in sé tante sfumature, tanti significati, tanti concetti e metafore per parlare dell'oggi, dell'imparità tra ricchi e poveri, di una società cieca e avvolta nella bambagia, ma come sempre, come l'arte più distante, si dimentica del pubblico e di comunicare meglio il suo messaggio.
Questa Palma D'Oro meno politica - o meno direttamente politica - del solito, convince una giuria ma non convince noi, con lo stesso regista che gioca con il suo pubblico, tra una canzone che sembra un jingle, e soprattutto mettendo in cartellone i nomi altisonanti di Elisabeth Moss e Dominic West che si vedono per appena 10 minuti sul totale dei 142. In realtà è il solo Claes Bang a reggere baracca e burattini, in modo splendido, per carità, ma complice dell'ennesima provocazione di un film provocatoriamente ironico, e decisamente distante per chi - divertito, turbato, clemente - lo guarda.