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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
06/05/2024
Ronnie Earl & Duke Robillard
The Duke Meets the Earl
Mai titolo è stato più indovinato: il Duca incontra il Conte. E sono scintille tra due immensi e intensi “titolati” chitarristi blues. Riappropriamoci di questo bellissimo album a quasi vent’anni dalla sua pubblicazione.

The Duke Meets the Earl rappresenta il cerchio che si chiude per Duke Robillard e Ronnie Earl: dopo aver condiviso l’esperienza dei Roomful of Blues (con il secondo nel gruppo proprio per sostituire il primo) entrambi intraprendono carriere soliste con un buon livello di soddisfazione. L’uno con i Pleasure King e addirittura, per un certo periodo, con i Fabulous Thunderbirds al posto di Jimmie Vaughan, e l’altro con i Broadcasters. Sul finire del 2004 questi due giganti della sei corde si rincontrano e decidono di fare un disco insieme.

Duke e Earl si conoscono a menadito e certamente si trovano subito a loro agio nella scelta del repertorio e nella sua esecuzione. Le loro passioni, infatti, pescano dal medesimo stagno: il blues fangoso di Buddy Guy e Muddy Waters affiora insieme a quello di un altro favorito, Magic Sam.

«Ho conosciuto Ronnie a metà anni Settanta e siamo subito diventati amici. Ho sempre seguito il suo percorso e ne ho condiviso una parte con i Roomful of Blues. Il ragazzo non si è mai guardato indietro, ha sempre volto lo sguardo oltre l’orizzonte diventando uno dei maestri della chitarra blues. Quest’album ci riporta ai vecchi tempi, quando improvvisavamo insieme sul palco, tuttavia non è un’operazione nostalgia, bensì un ritorno ai nostri esordi come spirito, con la testa e la maturità di oggi». (Estratto dalle note di copertina del disco).

 

Otto brani succulenti, di cui la metà strumentali, con Earl nel canale sinistro (splendida la sua slide guitar nell’autografa “Zeb’s Thing”) e Robillard in quello destro. Settantadue minuti di pura libidine, fin dall’opener “I Need You So Bad”, verace manifesto dell’opera. Si tratta di una potente e sentita cover del maestro B.B. King, ove Duke fa sentire anche di che pasta è fatta la sua voce, come nel classico di Eddie Taylor “Lookin’ for Trouble” (1957) e nell’interminabile finale “My Tears”, oltre un quarto d’ora di svisate chitarristiche sul brano originariamente intitolato “Nobody Loves Me” di Big Walter (1966).

La band scelta per accompagnare il duo è di prim’ordine, e presenta Jimmy McGriff e Dave Limina ad alternarsi all’Hammond B3, oltre al piano di Matt McCabe, alla batteria di Mark Teixeira e ai bassi, acustici ed elettrici di Jesse Williams e Rod Carey. Merita una menzione particolare l’ospite di lusso Mighty Sam McClain, perfettamente funzionale nell’interpretazione delle liriche di “A Soul That’s Been Abused”, una delle vette del lavoro, partorita dalla mente geniale di Earl.

Il saliscendi emotivo di “Two Bones & a Pick”, epica ripresa del “Cerimoniere delle dodici battute” T-Bone Walker, il tormento raffigurato in note di “What Have I Done Wrong”, piccolo capolavoro misconosciuto del grande Magic Sam e la scorribanda sonora dell’ispirato Robillard “West Side Shuffle”, chiudono un album magistrale, che come i vini da conversazione, evoca immagini, stimola i pensieri e poi spinge a meditare.

 

«Duke mi ha veramente aiutato parecchio nella carriera. Il suo approccio old school con uno sguardo rivolto al futuro mi ha insegnato tanto. Si tratta di un vero artista e provo un grande rispetto per la sua devozione alla musica». (Estratto dalle note di copertina del disco).

Una passione e un’amicizia contagiose, che risuonano senza sbavature in un’opera di gran classe, in cui blues (ovviamente!), r&b, ma anche qualche accenno jazz condiscono il tutto in salsa black. Un disco consigliato a tutti gli amanti del genere, e pure a chi desidera approcciarsi a musicisti genuini, lontano dal mainstream e da ciò che piace o viene fatto piacere alla massa. Sono ormai trascorsi vent’anni da quando Il Duca ha incontrato il Conte, ma il loro incrocio è ancora fatale, affascinante e da ricordare: una musica senza tempo con il fuoco dentro, resa carnale e sensuale da due “Zorro” della chitarra, nati e vissuti al servizio della tradizione, tuttavia con l’audacia di aggiungere un pizzico di attualità e modernità.