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REVIEWSLE RECENSIONI
Sky Void of Stars
Katatonia
2023  (Napalm Records)
IL DISCO DELLA SETTIMANA METAL / HARD ROCK
8,5/10
all REVIEWS
06/02/2023
Katatonia
Sky Void of Stars
Mai una flessione, mai una caduta di tono, mai un tassello fuori posto. I Katatonia sono una delle più grandi Metal band oggi in circolazione e questa loro inossidabilità sul piano artistico ha fatto sì che siano tuttora un segreto ben custodito, pur godendo comunque di una popolarità sopra la media. "Sky Void of Stars" è dunque la migliore celebrazione di questo ventennale di carriera.

Dodicesimo disco in studio per i Katatonia, Sky Void of Stars arriva esattamente vent’anni dopo l’esordio Dance of December Souls, e allora un paio di considerazioni dovremmo metterle in fila. Come molte band svedesi appartenenti al filone del Metal estremo, anche Jonas Renkse ed Anders Nyström (ad oggi gli unici due sopravvissuti della formazione originale) hanno esordito giovanissimi, poco più che diciottenni, hanno avuto successo quasi immediatamente e da allora non sono mai scesi dalla vetta, riuscendo a vivere della propria musica e a fare numeri importanti anche in questi ultimi anni di crisi della discografia. Nel loro caso però c’è un dato in più: anno dopo anno non solo non hanno mai sbagliato un disco, ma sono riusciti a rimanere fedeli alla loro proposta attraverso un’evoluzione graduale e a tratti impercettibile, senza pagare il prezzo di un improvviso abbandono di certe sonorità.

Chiedo scusa a chi mi legge regolarmente perché sono cose che ho già scritto, ma in questo caso è doveroso ribadirlo: nella seconda metà degli anni ’90, quando l’enorme successo commerciale spinse diversi act di Metal estremo più o meno melodico ad abbracciare sonorità Rock e Pop nel tentativo di arrivare ad un pubblico più ampio (ve li ricordate i Paradise Lost che sembravano i Depeche Mode? E i Tiamat che si erano trasformati in un gruppo Dark?), i Katatonia una soluzione del genere non la presero neanche lontanamente in considerazione.

L’unica trasformazione che si concessero fu quella di snellire le proprie composizioni abbracciando una forma canzone più regolare e abbandonando completamente le radici Death Metal che ancora caratterizzavano fortemente il capolavoro Brave Murder Day. Complici anche i problemi di voce di Jonas Renkse, le cui corde vocali non riuscivano più a sostenere il cantato in growl, già col successivo Discouraged Ones la band si spostò su un Metal maggiormente lineare e melodico, con influenze Doom e Gothic molto spiccate ma con un approccio esecutivo e strutturale più tipicamente Rock.

Da lì non si sono più spostati, fatta salva qualche piccola variazione che ha di volta in volta inspessito (Last Fair Deal Gone Down) o alleggerito (The Great Cold Distance, forse il loro lavoro più celebrato) lo spettro sonoro.

Mai una flessione, mai una caduta di tono, mai un tassello fuori posto. I Katatonia sono una delle più grandi Metal band oggi in circolazione e questa loro inossidabilità sul piano artistico ha fatto sì che siano tuttora un segreto ben custodito, pur godendo comunque di una popolarità sopra la media.

Sky Void of Stars è dunque la migliore celebrazione di questo ventennale, e arriva a poco più di due anni da Dead Air, il doppio cd/dvd dal vivo che è andato a sostituire il tour di City Burials, mai effettuato causa pandemia. I cinque hanno suonato in streaming a pagamento, con una setlist scelta dai fan e il risultato è stato poi reso disponibile a tutti. Un’iniziativa come ne abbiamo viste fin troppe in quei mesi, e che vale quel che vale, ma che se non altro ci ha permesso di renderci conto ancora una volta di che razza di repertorio gli svedesi abbiano messo insieme nel corso degli anni.

 

A questo punto dovrei parlare del nuovo disco ma non è che ci sia molto da dire. È il solito disco dei Katatonia, ancora una volta di altissimo livello e senza troppi scostamenti in fatto di songwriting. Alla fin fine è semplicemente una questione di gusti stabilire se sia meglio o peggio degli immediati predecessori. Io personalmente preferisco questo: trovo che le canzoni siano nel complesso più ispirate e ho apprezzato parecchio il fatto che abbiano appesantito molto le chitarre e incupito certe melodie, realizzando forse il loro disco più Heavy da parecchio tempo. C’è anche una maggiore ricercatezza nelle strutture (vedi la conclusiva “No Beacon to Illuminate Our Fall”) ed un non dover per forza di cose indulgere nei ritornelli trascinanti. Il granitico mid tempo di “Colossal Shade” (la mia preferita in assoluto), le trame oscure di “Opaline” e “Drab Moon”, sono solo alcuni esempi di canzoni poco immediate, che puntano di più sull’impatto complessivo e sui cambi d’atmosfera, piuttosto che sull’immediatezza anthemica. In questo senso, siamo di fronte ad un lavoro per certi versi non lontanissimo dal periodo Last Fair Deal Gone Down/Viva Emptiness, altri due album molto amati da fan e critica.

Poi per carità, chi volesse refrain da cantare a squarciagola troverà soddisfazione nei singoli: l’opener “Austerity” ha già tutte le potenzialità per diventare un classico e lo stesso si può dire di “Birds”, un altro episodio davvero trascinante, e di “Atrium”, strofa cadenzata col pianoforte ad innestarsi sulla chitarra ritmica e chorus indovinatissimo che, ne sono certo, farà sfracelli dal vivo.

I Katatonia hanno fatto nuovamente centro, smentendo oltretutto quella regola (coniata dal sottoscritto, quindi perfettamente inutile) per cui dopo 7-8 anni, 10 al massimo, una band smette generalmente di essere artisticamente rilevante. Nel loro caso il livello di ispirazione è sempre altissimo, sarà un luogo comune ma sono ancora in grado di far scomparire nel nulla i loro colleghi più giovani.