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REVIEWSLE RECENSIONI
01/02/2018
First Aid Kit
Ruins
Un ritorno pimpante, curato nei suoni e nelle composizioni, che possiede tutti i numeri per consolidare la fama delle First Aid Kit anche al di fuori della consueta cerchia di fans.
di Antonio Abbruzzese

Dopo quattro anni di silenzio, il duo svedese First Aid Kit torna sulle scene con Ruins, nuovo full lenght in studio, il quarto di un’ormai quasi decennale carriera. Carriera, che iniziò nel 2008, quando ancora sconosciute, la loro cover di Tiger Mountaing Peasant Song (Fleet Foxes) permise alle sorelle Johanna e Klara Soderberg di guadagnarsi una certa notorietà, buoni riscontri di pubblico e di critica, e dichiarazioni di stima da parte di più illustri colleghi (Jack White, Patti Smith e Conor Oberst), tutte circostanze che valsero loro un contratto discografico e l’abbrivio per un importante tour mondiale. Dall’ultimo Stay Gold (2014), disco non propriamente esaltante, sono trascorsi quattro anni e diverse vicissitudini (tra cui un breve scioglimento, fortunatamente superato). Un lasso di tempo necessario a fare il punto della situazione e a riaffilare le armi per questa sorta di “nuovo inizio”, che suggella un percorso di evidente crescita artistica e propone un sound più maturo e strutturato.

Ruins, che è prodotto da Tucker Martin (The Decemberists) e che vede la partecipazione di Peter Buck dei Rem e di Mckenzie Smith dei Midlake,  si muove attraverso i territori già esplorati nei dischi precedenti, in cui riescono a convivere con equilibrio folk, pop e country, in un contesto, però, molto più curato a livello di arrangiamenti e qualitativamente superiore nel songwriting, forse mai così consapevole.

Cosi quando parte Postcard, una delle migliori canzoni in scaletta, sono evidenti i passi avanti fatti dalle due sorelle svedesi: se i riferimenti d’ispirazione si colgono proprio tutti (tra le note riecheggiano Gram Parsons, Emmylou Harris, Pete “Sneaky” Kleinow, Porter Wagoner), si avverte, nonostante il taglio derivativo, la presenza di uno stile personalissimo e di una scrittura più sciolta e levigata, quasi perfetta, verrebbe da dire. Un livello qualitativo che si mantiene alto anche nel pop raffinato di Fireworks e nella melodia folk ricamata al fingerpicking di To Live a Life.

Tutto gira al meglio, il disco è omogeneo e privo di filler, e brani come It’s a Shame , Ruins e Rebel Heart, testimoniano l’ulteriore evoluzione di uno stile che si era già consolidato nelle precedenti prove attorno all’armonioso interplay fra le voci delle due sorelle. Un ritorno pimpante, curato nei suoni e nelle composizioni, che possiede tutti i numeri per consolidare la fama delle First Aid  Kit anche al di fuori della consueta cerchia di fans.