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MAKING MOVIESAL CINEMA
Prayers for the stolen
Tatiana Huezo
2021  (Mubi)
DRAMMATICO
7,5/10
all MAKING MOVIES
22/02/2023
Tatiana Huezo
Prayers for the stolen
"Prayers for the stolen" non è solo un film doveroso ma è anche un'opera bella che lascerà nel tempo un ricordo doloroso e, si spera, una maggiore consapevolezza.

Tatiana Huezo è una regista nata in El Salvador con doppia nazionalità, oltre a quella del paese d'origine possiede anche quella messicana, paese nel quale la Huezo attualmente risiede e dove è cresciuta fin dalla tenera età. Tramite i suoi corti, i suoi documentari e grazie ora al suo primo lungometraggio di finzione, la Huezo cerca di sensibilizzare lo spettatore su quella che è una piaga e un vero e proprio dramma in atto continuo in alcune località del Messico, dove a spadroneggiare sono i cartelli del narcotraffico e dove le forze dell'ordine sono impotenti o spesso colluse con il malaffare, tutto a discapito delle popolazioni locali assoggettate alla schiavitù del lavoro nelle piantagioni e ancor peggio per le giovani donne, al probabile futuro di schiave sessuali o vittime del traffico di esseri umani.

Quella della Huezo è una delle tante nuove voci femminili che grazie alla distribuzione di alcune piattaforme si stanno affacciando con maggiori possibilità a un pubblico sempre più vasto, è una voce potente che già da questa sua prima incursione in un'opera di finzione coglie nel segno e ci colpisce con una narrazione che, senza essere mai estrema, è capace di tagliarci le gambe di fronte alle brutalità che gli uomini permettono che accadano alle loro figlie. Allora è necessaria una preghiera per queste vite in fioritura che si perdono, che vedono spezzati i loro sogni, le loro speranze, la loro crescita, è necessaria affinché il dramma venga ricordato in quanto assente dalle narrazioni che ci vengono quotidianamente proposte e affinché queste bambine non vengano rimosse e totalmente ignorate dal discorso pubblico.

 

Nella zona di San Miguel la popolazione, quasi totalmente femminile, è tiranneggiata dai cartelli della droga. Gli uomini spesso lavorano lontano da casa per cercare di guadagnare qualcosa o ancora peggio finiscono a far parte di quel giro di malaffare che diventa la principale minaccia per le vite delle giovani bambine e future donne di San Miguel. Così sta alle madri provvedere alla sicurezza delle loro ragazze, Rita (Mayra Batalla) è la mamma della piccola Ana (Ana Cristina Ordóñez González), fin dalla tenera età della figlia Rita cerca in tutti i modi di far capire ad Ana i pericoli insiti nel loro luogo di appartenenza, le insegna a passare inosservata, a non attirare l'attenzione, a non allontanarsi e soprattutto a scappare e nascondersi non appena si palesa il sospetto dell'arrivo dei narcotrafficanti nel villaggio.

Con tutto ciò sempre ben impresso in testa Ana cerca di vivere una vita il più possibile felice con le sue amiche Maria (Blanca Itzel Pérez) e Paula (Camila Gaal), prima con i giochi, poi con le confidenze e soprattutto frequentando la piccola scuola del paese dove le ragazze hanno modo, nella persona del maestro Leonardo (Memo Villegas), di confrontarsi con una delle poche figure maschili positive presenti nella loro vita. Quando le ragazze crescono e arrivano nel fiore degli anni, per Ana (Marya Membreño) e per sua madre Rita le cose si fanno più difficili, con la maturità le giovani donne diventano prede ambite per i narcotrafficanti, evitarli diventa sempre più difficile.

 

Anche le cose più semplici come un taglio di capelli in Prayers for the stolen spezzano il cuore, vedere una bambina (la tenera e bellissima Ana Cristina Ordóñez González) piangere per i suoi capelli persi, a causa dei pidocchi dice la madre Rita, in realtà per nascondere una femminilità a quelle latitudini pericolosa, diventa una sequenza straziante se ci si ferma a pensare che quel racconto di fantasia è realtà, nuda e cruda e insopportabile.

La regia della Huezo non ha nulla dell'esordiente: la scansione narrativa, la gestione delle immagini, la qualità delle stesse sono da professionista scafata, i dettagli sui piccoli insetti che abitano la montagna intorno al villaggio, le riprese sul verde lussureggiante, sui bianchi e sui grigi delle cave (di gesso?), insieme a una fotografia limpida, donano un nitore alle immagini di altissimo livello.

All'interno di questa narrazione molto dura la Huezo non lesina su trovate visive affascinanti (i cellulari accesi in cima alla montagna, dove il segnale è più forte), al contenuto di grande impegno accompagna una forma compiuta e attraente che prova diverse soluzioni con ottimi esiti.

La Huezo gestisce bene la tensione narrativa, se nel villaggio un cane abbaia è subito paura, è una paura reale per le sorti di queste bimbe a cui non è dato sognare (cosa che le piccole fanno sempre e comunque), di queste adolescenti a cui non è dato vivere sessualità e femminilità, in un ciclo di violenza che in qualche modo andrà spezzato e nei confronti del quale al momento l'unica alternativa è la fuga.

Tra le piaghe messe in evidenza dal film anche il lavoro minorile e il rigenerarsi di questo ciclo di violenza che non si ferma mai e che cerca sempre nuovi adepti anche nelle famiglie per bene, anche nelle famiglie delle stesse vittime. La regista messicana trova delle bellissime interpreti, le tre bambine e poi le tre adolescenti riescono a creare tra loro una bellissima alchimia che ci fa soffrire ancor di più di fronte agli eventi messi in scena.

Prayers for the stolen non è solo un film doveroso ma è anche un'opera bella che lascerà nel tempo un ricordo doloroso e, si spera, una maggiore consapevolezza.