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REVIEWSLE RECENSIONI
09/12/2017
The Rolling Stones
On Air
Un documento prezioso, questo, l’unico che ci dia un’idea di come erano gli Stones dal vivo e senza filtri, prima dell’accantonamento di Brian Jones, dell’arrivo delle droghe pesanti, prima di “Beggars Banquet” e dell’inizio di un’altra storia, prima della trasformazione in circo del rock’n’roll.

Ancora un album dei Rolling Stones? Si ancora. Necessario come l’aria, antidoto alla merda in libera uscita che insozza le nostre esistenze.
Gli Stones primevi, quelli impaniati con il blues del Delta, grezzi, incazzati, furibondi. Gli Stones di Brian Jones, lucido e massiccio, anni luce lontano da quell’ectoplasma che possiamo, ahimè, ammirare in ‘Rock’n’Roll Circus’, documento su pellicola dell’epopea junkie.
Brian Jones e la sua armonica a bocca, asciutta e decisa nello scandire le dodici battute. E poi Mick Jagger, che parte timoroso con ‘Come On’ del mentore Chuck Berry e poi lungo il cammino te lo ritrovi bello slabbrato come quando gorgheggia in "I’m Movin’ On” e in “Little By Little”, anticipazione della troiaggine che verrà. Keef alle prese con i primi vagiti del distorsore, ‘I Can’t Get No’ dal vivo come non l’avete mai sentita, l’uso della chitarra come arma da combattimento, in prima linea, sempre davanti a tutti, con la sezione ritmica di Wyman e ‘metronomo’ Charlie Watts che cerca di farsi largo a gomitate.
Charlie Watts, l’impassibile Charlie, preciso e che non sbaglia una battuta da quel lontano 1963. L’uomo ombra Bill Wyman, che tesse trame e riporta nei ranghi quei mascalzoni dei suoi compagni.
Trentadue canzoni degli Stones in edizione deluxe, dal vivo, periodo 1963-65, uscite fuori grazie al lavoro certosino degli archivisti (sempre siano lodati) che sono andati a scavare nei nastri delle partecipazioni televisive alla Bbc dei nostri, “Saturday Club”, “Top Gear”, “Blues in Rythm”, “The Joe Loss Pop” tra gli altri e grazie alla nuova tecnica chiamata de-mix sono riusciti, ove possibile, a destrutturare i brani, sia mono che multitraccia, separando voci e strumenti, ribilanciarli e remixarli.
Un documento prezioso, questo, l’unico che ci dia un’idea di come erano gli Stones dal vivo e senza filtri, (manca solo di sfidare l’impossibile sotto forma di una De Lorean e tornarsene indietro nel tempo) prima dell’accantonamento di Brian Jones, dell’arrivo delle droghe pesanti, prima di “Beggars Banquet” e dell’inizio di un’altra storia, prima della trasformazione in circo del rock’n’roll.
Freschi, belli, sfrontati questi Stones; indolenti, menefreghisti, ribelli, maleducati. La gioventù. Anche la nostra.
E le ragazzine urlavano...