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REVIEWSLE RECENSIONI
11/03/2019
The Specials
Encore
Ballo e rabbia, stile e ricordi di un tempo che fu, la voglia di lottare e di crederci ancora, di scendere nelle strade e di stare dalla parte giusta della barricata e della storia. Questo è “Encore”...

Quando nel 1979 uscì il primo album degli Specials, io c’ero. E lo dico con orgoglio, la constatazione di essere vicino alla sessantina (comunque tra tre anni eh) e la consapevolezza di cominciare la china che porta all’artrosi, alla prostatite e all’andropausa, nel migliore dei casi, o alla demenza senile nel peggiore, sta tutta nella fortuna di aver vissuto una delle ultime rivoluzioni musicali. La copertina come uno specchio, quei sette ragazzi ritratti in bianco e nero era come se riflettessero quello che ero allora: giovanissimo, elegante, con stile e tanta rabbia in corpo.

Quarant’anni dopo l’esordio e a venti anni dal loro ultimo album, ecco ritornare gli Specials con “Encore”; la copertina questa volta non ritrae più nessuno, è grigia e sopra vi campeggia il nome della band, e forse è meglio così, che lo specchiarsi adesso ti farebbe vedere tutto il fardello degli anni passati. Al netto dei capelli ingrigiti e della forma più o meno imbolsita (non per me, cari miei, tra alti e bassi sembro ancora un giovanotto) la musica degli Specials oggi come allora è rimasta attuale e fresca. Attuale perché dal 1979 ad oggi il mondo non è che sia diventato un bel posto in cui vivere, anzi, le violenze a sfondo razzista sono aumentate, l’economia è in recessione come lo era allora, e soprattutto quelli che si ergevano a paladini del proletariato se ne stanno con il culo al caldo dei loro conti in banca e dei loro attici in centro. Di quei sette ragazzi che ti guardavano dal basso ne sono rimasti tre: uno, il batterista, John Bradbury, è passato a miglior vita, gli altri, compreso il grande Jerry Dammers, sono impegnati in altre cose.

Terry Hall, Lynval Golding e Horace Panter invece sono ancora sul pezzo, e dopo dieci anni dalla loro reunion fatta di concerti in giro per l’Europa, sono ancora qui a dirti quel che pensano del mondo. La ricetta è la stessa di allora, con piccole variabili. Intanto si parte con un bel funk stradaiolo, l’iniziale “Black Skin Blue Eyed Boys” cover degli Equals del 1968, per poi replicare sulla stessa base con “B.L.M.”, una spoken word narrata da Lynval sulla sua vita da immigrato in terra di Albione, un bel pugno nello stomaco a tanti razzistelli dell’ultima ora.

Un disco degli Specials però non sarebbe tale senza la musica in levare e così è: ska, dub e reggae sono ben presenti nel disco e ne costituiscono le fondamenta portanti. Come ad esempio “Vote For Me”, il primo singolo estratto dall’album, ska evoluto che ricorda il loro vecchio hit “Ghost Town”, un attacco frontale ai leader politici e alla loro politiche fatte per proteggere il proprio culo. “The Lunatics” è invece un ripescaggio di Hall e Golding del loro periodo Fun Boy Three, bello e dal testo, ahimè, ancora attuale: “i pazzi hanno preso il controllo del manicomio, mi hanno tolto la dignità, portano via la mia famiglia”. Le vicissitudini di Hall nel bastardo mondo della depressione da cui il nostro è afflitto da diversi anni, sono raccontate dallo stesso nell’altro spoken di “The Life And Times (Of A Man Called Depression)”, mentre in “10 Commandments” la voce di Saffiah Khan è un atto di accusa al maschilismo declinato in bullismo, non necessariamente fisico: “Non dirai a una ragazza che se lo meritava, perché la sua gonna era troppo corta”. Conclusione affidata a “We Sell Hope”, canto malinconico che riassume tutta la filosofia che fu a base della fondazione della Two Tone Records: “Fai quello che devi fare senza far soffrire gli altri, il bianco è nero, il nero è bianco, guarda tutto il mondo, potrebbe essere un bel posto in cui vivere”.

Ballo e rabbia, stile e ricordi di un tempo che fu, la voglia di lottare e di crederci ancora, di scendere nelle strade e di stare dalla parte giusta della barricata e della storia. Questo è “Encore”, album schizzato al numero uno delle classifiche British non appena pubblicato; chiamatela casualità, giustizia divina, tradizione, fatto sta che gli Specials sono di nuovo tra noi e per un attimo, mai così necessario, hanno fatto piazza pulita della merda musicale che ammorba l’etere.

P.S. Fatevi del bene, acquistate l’album nella versione deluxe, c’è in aggiunta un live strepitoso, una sorta di best of, di esecuzioni raccolte al Bataclan e al Troxy.