Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
REVIEWSLE RECENSIONI
Atum: A Rock Opera in Three Acts
The Smashing Pumpkins
2023  (Martha’s Music / Thirty Tigers)
ROCK
7/10
all REVIEWS
31/05/2023
The Smashing Pumpkins
Atum: A Rock Opera in Three Acts
Con “Atum” gli Smashing Pumpkins danno un seguito a “Mellon Collie” e “Machina”. Forse non è il disco che tutti desideravano, di sicuro è quello più avventuroso possibile.

Ogni volta che ci ritroviamo a recensire un album di Billy Corgan o degli Smashing Pumpkins, finisce che dedichiamo il paragrafo iniziale a ribadire un concetto che dopo più di trent’anni che lo frequentiamo dovrebbe essere ormai chiaro: il personaggio può risultare antipatico e pieno di sé (vedi le recenti interviste concesse a Rolling Stone e Zane Lowe per Apple Music), ma il suo lavoro – che alla fine dei conti è scrivere canzoni e produrre dischi – lo sa fare eccome.

Fine del prologo e veniamo alla musica. Atum: A Rock Opera in Three Acts, come esplicitato dal titolo stesso, è una opera rock che si sviluppa nel corso di tre dischi e che racconta la storia di un rocker disilluso di nome Shiny, un personaggio – di cui molti scopriranno l’esistenza solo ora, dato che all’epoca era stato chiamato prima Zero e poi Glass – introdotto per la prima volta nel 1995 nel bestseller Mellon Collie and the Infinite Sadness e poi ripreso nel 2000 in Machina/The Machines of God.

A essere sinceri, nonostante l’album sia accompagnato da un elegante booklet che riproduce un libretto d’opera, all’ascoltatore è richiesto un certo sforzo per prima individuare e poi seguire l’intero arco narrativo della vicenda. Questo per dire che nonostante sia caratterizzato da una trama complessa, Atum è un lavoro che può essere benissimo ascoltato ed assimilato con più leggerezza di quanto ci si possa immaginare. Da questo punto di vista, è stata intelligente la mossa di Corgan di voler pubblicare i tre atti a distanza di qualche mese (Part I a novembre, Part II a gennaio, Part III a maggio, con il primo singolo, “Beguiled”, addirittura a settembre), in modo che gli ascoltatori potessero elaborare con la dovuta calma le 33 canzoni (per un totale di quasi due ore e 20 di musica), e di approfondire i temi del disco nel podcast Thirty Three.

Ad affiancare Corgan in quest’avventura, troviamo ancora una volta i membri originali degli Smashing Pumpkins James Iha e Jimmy Chamberlin (rientrati alla base per Shiny and Oh So Bright del 2018 e Cyr del 2020) e il collaboratore di lunga data Jeff Schroeder, con la band da Zeitgest (2007). Contribuiscono all’impresa anche le coriste Katie Cole e Sierra Swan, oltre al pianista Mike Garson, celebre per il suo lavoro con David Bowie.

Da bravo stacanovista, Corgan ha iniziato a registrate Atum nel 2020, mentre stava dando gli ultimi ritocchi alle canzoni dell’album precedente, Cyr, e si è ritrovato senza nulla da fare dopo che ogni attività live degli Smashing Pumpkins era stata sospesa a causa della pandemia. Ovviamente, se qualcuno sta qui cercando il seguito di Gish e Siamese Dream, è meglio che si rivolga altrove, magari al sottovalutato Oceania (2012). Qui WPC continua a esplorare il lato più elettronico degli Smashing Pumpkins, prediligendo i sintetizzatori a discapito delle chitarre (che ovviamente non sono scomparse del tutto) e proseguendo in sostanza nella direzione già sperimentata in Cyr.

Il risultato è un disco sci-fi dalle atmosfere esoteriche e glaciali, dominato dagli elementi elettronici, dove i pezzi rock (“Butterfly Suite”, “Beguiled”, “Empires”) sono controbilanciati da quelli basati sui sintetizzatori (“Hooligan”, “Neophyte”, “To the Grays”). Alle volte, bisogna ammetterlo, sembra di ascoltare una delle tante colonne sonore di inizio anni Ottanta di Giorgo Moroder, oppure il lavoro realizzato da Vangelis per Blade Runner di Ridley Scott. Non mancano però pezzi vicini alle atmosfere doom di Adore, come “Moss”, oppure brani come “Space Age”, che sembra uscito dal disco solista di Corgan TheFutureEmbrace. E se “Sojourner” è ispirata allo yacht rock di fine anni Settanta, “Pacer” ha dei synth tipicamente anni Ottanta, mentre “The Gold Mask” è puro synth pop. “The Canary Trainer”, invece, riesce nell’impresa di mettere insieme il goth dei The Cue con la psichedelia dei The Church, mentre “Cenotaph” è tutta costruita sull’intreccio tra chitarre acustiche e tastiere.

Uno dei momenti più alti del disco è senza dubbio la lunga ed epica “Intergalactic”, capace di sintetizzare alla perfezione le due anime del disco, quella più elettronica e quella più rock, grazie a una grande prestazione alla batteria di Jimmy Chamberlin. Perdoniamo invece a Corgan un pezzo imbarazzante come “Hooray!” solo perché nella storia narrata in Atum è eseguita da una band di animatronic in un parco divertimenti.

Da quando William Patrick Corgan, James Iha e Jimmy Chamberlin sono tornati a suonare assieme, gli Smashing Pumpkins hanno fatto ben poco per accontentare i propri fan. Dal vivo non lesinano le hit, ma su disco in questi cinque anni post-reunion hanno preferito battere sentieri meno ovvi. Magari il prossimo album, come ha annunciato Corgan, sarà veramente quel «disco di rock’n’roll alla Siamese Dream e Mellon Collie» che tutti stanno aspettando – tranne noi. Perché, al netto delle opinioni che uno può avare nei confronti di un personaggio divisivo come Billy Corgan, molto meglio una band che sceglie, dopo 35 anni di carriera, di fare del suo dodicesimo disco un’opera rock ibridata con la synthwave, piuttosto che una che timbra il cartellino e mette tristemente in scena l’ennesima replica di sé stessa.