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MAKING MOVIESAL CINEMA
A un metro da te
Justin Baldoni
2019  (Notorious Pictures)
DRAMMATICO
6/10
all MAKING MOVIES
25/03/2019
Justin Baldoni
A un metro da te
Si, la storia la conosciamo. E’ da Love Story che ce la raccontano, passando da Autumn in New York fino a I passi dell’amore e Colpa delle Stelle. A livello stilistico non c’è nulla di particolarmente originale, ma bisogna dare credito a Baldoni per essere riuscito a portare sullo schermo una storia d’amore, estremamente delicata, confinata all’interno di un ospedale. L’unica boccata d’aria – si fa per dire – concessa ai nostri eroi è un terrazzo dal quale ammirare da lontano, troppo lontano, le luci della città.

"Contatto fisico. Abbiamo bisogno di quel contatto con la persona che amiamo quasi quanto il bisogno di respirare. Non l’ho capito fino al momento in cui non ho più potuto averlo.”

Vi siete mai chiesti cosa significa non poter sfiorare la persona che amate? Non poterla tenere per mano, baciare, abbracciare? I malati di fibrosi cistica passano lunghissimi periodi – insieme - in ospedale, ma avendo sviluppato diversi batteri e avendo le difese molto basse sono costretti a stare ad almeno due metri di distanza e ad evitare qualsiasi contatto tra loro. Contrarre un batterio estraneo potrebbe determinare il peggioramento delle proprie condizioni, e per chi come Stella è in cima alla lista per un trapianto di polmoni sarebbe una tragedia. I polmoni sarebbero immediatamente riassegnati e lei potrebbe morire. E Stella ha ben chiari i suoi obiettivi, e di sicuro non includono Will, il bel ragazzo ribelle che è stato trasferito nella stanza accanto alla sua.

Stella ha tutto sotto controllo, Ha una lista per tutto, anche grazie alla sua OCD (Disturbo Ossessivo Compulsivo), ma in particolare la lista delle cose da fare ha dell’incredibile: fare la volontaria per una campagna politica – fatto – leggere tutte le opere di Shakespeare – fatto – parlare fluentemente francese e suonare il piano – fatto -. Ciò che Stella rinuncia invece a depennare dalla sua preziosa lista è uscire, vedere cosa c’è oltre la sua stanza d’ospedale, VIVERE.

“Niente ci salverà la vita Stella, respiriamo aria in prestito”. Questo è invece il leitmotiv di Will. Le sue condizioni sono peggiori di quelle di Stella: non sarà mai in lista per un paio di polmoni nuovi. Al contrario di Stella è totalmente rassegnato all’idea di morire presto e tutto ciò che desidera è compiere finalmente diciotto anni per scegliere liberamente di vivere quel poco che gli resta là fuori, nel mondo vero.

Non possono essere più diversi, ma quello che inizialmente nasce come uno scontro, diventa lentamente complicità. E quei due metri che li dividono diventano una terribile punizione per entrambi.

Justin Baldoni, dopo una lunga carriera come attore (C.S.I., Heroes, Jane the virgin) passa dietro alla macchina da presa regalandoci un’opera prima commovente e delicata. La sua regia è molto classica e valorizza i volti delle due giovani star Haley Lu Richardson (Stella) e Cole Sprouse (Will).

Haley ha trovato la notorietà dopo Split di M. Night Shyamalan e Ravenswood, lo spin off di Pretty Little Liars. Cole Sprouse invece, è oggi uno dei giovani attori più amati dalle teenagers grazie alla parte di Jughead nella serie Riverdale, ma no mie giovani e bellissime lettrici adolescenti, voi non avete vissuto abbastanza a lungo da poterlo ricordare, ma Cole e il suo fratellino gemello Dylan sono state le stelline di Disney Channel dal 2005 nella serie Zack e Cody al Grand Hotel.

Entrambi sono bravissimi: la Richardson è credibilissima ed davvero buffa nel rappresentare le manie di Stella così come l’espressività di Cole Sprouse è dolorosa e commovente.

Parafrasando il simpaticissimo collega che è uscito dalla sala prima di me gridando al “degno del peggiore Nicholas Sparks” vi dico questo. Si, la storia la conosciamo. E’ da Love Story che ce la raccontano, passando da Autumn in New York fino a I passi dell’amore e Colpa delle Stelle. A livello stilistico non c’è nulla di particolarmente originale, ma bisogna dare credito a Baldoni per essere riuscito a portare sullo schermo una storia d’amore, estremamente delicata, confinata all’interno di un ospedale. Questo dà al film un’estetica del tutto particolare e a tratti claustrofobica. L’unica boccata d’aria – si fa per dire – concessa ai nostri eroi è un terrazzo dal quale ammirare da lontano, troppo lontano, le luci della città.

Inoltre questo film racconta una malattia terribile, che in pochi conoscono. Io stessa non avevo mai approfondito di cosa si trattasse e di quanto terribile sia per chi ne soffre: il dolore, le rinunce, l’impossibilità ad avere una vita normale.

Il finale non sarà come vi aspettate – vi ho detto che la storia ce l’hanno già raccontata, non vi ho detto che Baldoni la esegue alla lettera – e preparate i fazzoletti. A meno che non abbiate il cuore di pietra del mio collega non potrete non commuovervi.

 “Dopo tutto quello che la fibrosi cistica mi ha tolto, ho il diritto di riprendermi qualcosa indietro. Alcuni millimetri, dei centimetri… Un passo”.